martedì 30 settembre 2008

dicono

che gli strani siamo noi. A me almeno, lo dicono. Ma i postumi della danza mi hanno fatto dimenticare il resto della giornata.
Giri per l'università e sembra un formicaio. Gente ovunque. Sei piani di uffici, aule, bagni. Quindi, persone che calpestano a branchi i pavimenti di uffici, aule, bagni. Non sono abituata. L'intimità in cui sono solita muovermi mi permette di rimanere un po' basita. Più che altro, le stranezze convivono più o meno dappertutto. E comunque, definire "strana" una persona può suonare quanto meno poco rispettoso. Ma. Seduta in una classe senza banchi, solo scomodissime sedie di plastica con pseudo-banco-applicato le cui dimensioni dello sgabello ti impongono la scelta "o il tuo culo, o il maglione", osservavo il minestrone di foreign people all around me. E ho pensato che il primo giorno di scuola, tutti hanno la faccia da ebete. Mi è venuto in mente che l'ho pensato in tutti i primi giorni di scuola della mia vita. Ma perchè c'è nell'anima quel misto di timore e curiosità che rendono l'espressione nitidamente idiota. Nessuno escluso. Poi si arriva a una certa fascia di età in cui oltre tutto, si diventa pure un po' snob, magari fomentati dal sentimento del "tanto sono in gruppo". Per cui in terra straniera, in una classe di sconosicuti multifoni, mi guardavo in giro ebetemente sconcertata. Finchè. Finchè a lezione iniziata ( dopo che la madame alla cattedra aveva spedito fuori almeno 10 vittime perchè senza sgabello) la porta si spalanca e entrano, a circa 2 metri da terra, dei boccoli biondi. Ai boccoli biondi seguono due occhi azzurri sbarrati, e 5 o 6 denti. Sparsi. Un maglione blu con i lama e dei pantaloni di lino bianchi lunghi almeno come me, da cui spuntavano due candidi piedi. Era scalzo. A piedi nudi. Camminava a piedi nudi, come Gesù. E la cosa ancora più strana è che nessuno ha fatto una piega. Nessuno era sconcertato, nessuno era incuriosito, nessuno lo ha guardato! Per cui anche una volta finita lezione, questo hippie post moderno si aggirava per il plesso di Avenue Schumann senza scarpe. E, come mi hanno detto, sta sicura che quello campa 102 anni. Quindi, meditavo. Siamo noi che siamo abituati male? o bene? o che siamo snob o paranoici o sofisticati o igenisti o retrogradi. o cosa? Comunque nel bel mezzo di una lezione di francese ( dove ho scoperto che la scimmia Congo è una grande artista) alzo la testa e vedo una farfalla di dimensioni imbarazzanti. Chiunque mi conosca anche solo poco sa che cosa vuol dire "insetto volante" per me. E non importa che sia una farfalla, una cavalletta, una cimice, sempre di insetto volante si tratta. E a me vengono gli attacchi di panico. Per cui quando mi sono trovata in uno spazio ristretto, circondata da sconosciuti (di cui uno scalzo!) con una farfalla ogm che evidentemente svolazzava nella mia direzione ho iniziato a saltellare sulla sedia dicendo "attacco di panicoAttacco di panico". E la madame ha alzato la testa, mi ha guardato e compatendomi mi ha domandato: "mademoiselle, non avrete paura di una farfalla?!". Beh, si.
Per il resto ho marciato tra corridoi labirintici alla ricerca di possibili esami. Ma. Ma ovviamente è più complicato del presvisto. Si improvvisa. Si spera. E mamma prega... e nel frattempo improvviserò una lettera d'amore per il mio professore del cuore. Brizzolato e nasone al punto giusto che entra in aula e regala libri. Mon coeur.

lunedì 29 settembre 2008

e non ho neanche pranzato

Umiliante. Non saprei come altro definirlo. Per definire me un “foca monaca” andrebbe più che bene, ma la situazione era assolutamente umiliante.
Giornata cominciata con la solita sveglia che non suona, non si sa perché. Siamo comunque riuscite ad arrivare in tempo all’Università, tutte belle affannate e piene di borse; una borsa in particolare era decisamente di troppo: quella con il cambio per fare danza. SI, si. Qualche anno fa, quando millantavo un ruolo in squadre di calcio e calcetto varie ed eventuali, qualcuno mi chiese “ma non potresti fare danza che è più femminile?”. Bene, oggi c’ho provato. E non lo farò mai più. Tant'è che qualcun'altro mi ha esplicitamente detto "si sa che per la danza non sei portata".
Arriviamo puntuali e precise, maglia bianca e pantalone da ginnastica ma-anche-no, calzina pseudo ginnica e bottiglia d’acqua. Ci mancavano solo gli scaldamuscoli rosa che grazie al cielo non abbiamo comprato. Bene, entriamo e ci troviamo in un ecosistema di anoressia trionfante, dove le filles erano tutte bionde, alte e vestite di nero. Io col capello scuro, il mio fiero metro e 58 e i pantaloni a pinocchietto sembravo la sorella Calimero. L’insegnante era probabilmente la sorella albina e francofona di Carla Fracci. Probabilmente con la mente essiccata dall’insegnamento, è un'opzione, ma una che ti assicura che il livello del corso è “débutants” poi ti trovi davanti cavallette sgambettanti che esibiscono semi spaccate per aria, non so, forse, pensi, ti sta prendendo per il culo. Ero tentata di chiederglielo.
Io mi vedevo già attaccata alla sbarra con un tutù rosa e chignon a imparare il pliè, invece questa aringa rinsecchita ci ha buttate in mezzo a un branco di aspiranti amiche di maria de filippi, ignorandoci bellamente. Fatela voi una lezione di danza, oltretutto in un incomprensibile francese alla Roland Petit, senza aver neanche mai fatto la ruota.
Ci guardava, e ci ignorava, l'aringa. L’unica cosa che ha avuto la grazia di chiederci è stato di andare in ultima fila.
Nel frattempo sto aspettando una forse visita parmigiana, in questa assurda giornata umiliante ma divertente. Lusingante anche, da qualche punto di vista. Di acidità dovuta, meritata e fisiologica. Voleranno forse piatti da rue venel? E chi lo sa. Qualcuno ci vuole bene comunque. E la nostra casa è bellissima. Come noi.

sabato 27 settembre 2008

il sabato del villaggio

Vorrei sapere amare così ( abbiamo detto). Così come una canzone. Una canzone d’amore. Perché certe volte ascolti e certe parole ti svuotano dentro, come se poi non avessi più niente dentro. Come se, quello che c’è dentro, fosse già stato regalato. E allora ascolti, magari guardando fuori da un finetrino, che sia di un treno, o di una macchina, o di un pullman. Un pullman, nel mio caso. E intanto guardavo un amore (amore?) sbocciare. Il sabato del villaggio, quando i bambini si svegliano e aspettano. Aspettano lunedì per tornare a scuola, aspettano la domenica per dormire ancora un po’. Non sono bambina, ma il discorso vale tanto quanto. Comunque per non cadere in tratti di malinconia, è giusto raccontare di questo amore nato e cresciuto davanti ai nostri occhi, si. Perché oggi grande giorno: gita a Monacò e Montecarlò. 30 € per stancarsi un po’. Sedute in pullman con cinesi, americani, thailandesi, britannici, tedeschi, belgi, esteuropei (vestiti-mon dieu- ingiacchettati come figli di parlamentari per andare al casino). E un italiano: Luca. Su 4 italiani conosciuti, 3 si chiamano Luca. Forse è un nome molto comune, o forse, ho troppi scheletri nell’armadio. Ma va bene, va bene, che tanto per andare a Monaco ci si mette poco: 3 ore. Nette. Uno strazio. Se non che, proprio davanti a noi, un’improbabile coppia da sfogo alle proprie pulsioni, più romantiche che altro. Inquadriamo. Lei: cinese ( o giapponese?), alta circa 1 metro e 50, con: borsa di gucci, occhiali di chanel, lucidalabbra di dior, canotta-tette-fuori rosa fucsia ( in tinta con ombretto, precisiamo, spalmato su un’autostrada di eyliner) e gonna (che lasciava scoperti quei 4 o 5 cm di mutanda bianca) a pois.
Lui: bellezza hitleriana di 1 metro e 80 circa. Capello biondo cenere e occhio azzurro alla Terence Hill ai tempi d’oro, testa squadrata e fronte bassa. Decisamente logorroico di un’età indecifrabile.
Questi due improbabili lovers sono diventati la nostra unica e appassionante compagnia. Sono partiti con foto e fotine, per passare poi a un romantico scambio di patatine in sacchetto ( con tanto di imbocco), a un manina-manina…ma… nessun bacio! Né all’andata, né al ritorno, dove la faccenda si è fatta decisamente più ingombrante perché era più un copulare che altro. Nessun bacio. Nel mio desiderio di romanticismo non aspettavo altro. Ormai i baci di cellulosa non mi bastano più. Sarà per la prossima volta.
Intanto noi due assonnate e pluri vestite ragazzine autunnali siamo arrivate nel principato per fare una sorta di maratona, conclusasi a Montecarlo con l’incauto, ennesimo acquisto da zara. Proseguito con sensi di colpa deliranti. Allietati però dal rutto en plein air di una distinta signora anziana che proprio proprio mentre mi passava di fianco ha deciso di spalancare le fauci e fare uscire il brutto del pasto appena digerito. Salute.
Intanto Aix e il suo fetore mefitico sono stati lavati ancora da nuvole di passaggio.

venerdì 26 settembre 2008

in provenza piove 9 giorni all'anno

Io ne ho già presi almeno 3. Vuol dire che per i prossimi 5 mesi ( assalti di maestrale a parte) dovrei stare più o meno tranquilla. "Dio bono, Provenza e piove". mi hanno detto oggi, in effetti...
Esco di casa con occhiali molto sixties, molto "oui, ça va, la diva c'est moi", tanto diva che a un certo punto ho visto quello che non dovevo vedere (e qui lo scrivo così se doveste vedermi comparire con un'improbabile chioma da qui a qualche giorno sapete che non è roba mia): monoprix del Cours Mirabeau offre a 35 € delle bellissime extention per capelli. Voilà. é fatta, ho pensato. E già mi immaginavo con una nuova sensualissima onda di capelli lunghi e fluttuanti color cioccolato. Un po' tipo nora jones, con tanto di cuffietta gialla e maglietta babychic-style. Che figa, già mi immaginavo nelle foto. Poi ho pensato che forse 35 euri per dei capelli di plastica potevo non spenderli, che forse sarebbe stato un blocco di marmo ciondolante sotto i miei bellissimi capelli sfilati. Che forse mi conviene aspettare che crescano da soli. Anche se la scoperta del parrucchiere molto avanti sotto casa che potrebbe tagliarmi i capelli come Agyness, insomma, diciamo che tenta. Non so, sarà colpa della pioggia.
Problemi seri, qui: troppi negozi, troppo cibo, troppo vino. Le sigarette costano molto, beh, un po' troppo. Un incentivo. Lo sarà. Comunque rimane il fatto che sulla ville piove che Dio la manda e non accenna a smettere, l'aria profuma deliziosamente di inverno. Per essere precisi: profuma dall'alto del 3 piano della mia finestra, perchè scendendo verso il limbo della strada c'è puzza di pesce, frescume, fogna. Uno schifo. Da qui però c'è un certo rimando italico, tipo che mi verrebbe voglia di castagne e di trasformare la stanza da blu a arancione. L'autunno profuma di foglie. Le foglie profumano di autunno. Corrispondenza perfetta, mica scemo chi crede nelle corrispondences.

giovedì 25 settembre 2008

che dura la salita

all'andata è tutta discesa, al ritorno è tutta salita. Ci sono i pro e ci sono i contro.
Le due filles italiennes partono in bicicletta alla mattina, naso congelato e occhio ancora mezzo spento. Facile la discesa non c'è da impegnarsi e si può continuare a dormire. Sembra di sciare. Unica pecca è l'aria fredda. che al mattino è proprio fredda. E sul pancino, si sa, non è il massimo. Però, però. Meglio che il ritorno. Il ritorno dall'Università verso le centre de la ville si articola in una salita di pendenza pantanistica che-poi-ti-viene-da-vomitare. Voglio ridere quest'inverno quando le due filles italiennes infiochettate e incipriate dovranno fare i conti anche con sciarpe, cappotti, maglioni e calzettoni. Si suda. Di inverno. Non è fisiologico. Io ODIO andare in bicicletta. Anche se si, si, Alex e Aidi. Ma Aidi andava in vespa e io la mia vespa blu l'ho lasciata a casa. E comunque, nessun Alex, qui. Si fa di necessità virtù, on peut dire. E allora su e giù che sembra un po' più S.Francisco che Aix en Provence con quella discesa-salita-discesa. 
L'università inizia a essere amica. meno ostacoli, tutto si impara, si diventa francesine ogni giorno. le lezioni piacciono, pare. Ma ancora mesi di salita-discesa-salita per affezionarsi.

lunedì 22 settembre 2008

se ero da sola, tornavo in bicicletta

menomale che siamo in due, così ci possiamo ridere su.
parliamo dell'università? parliamone. putrida, decadente, puzzolente. Passi che all'estero i bidet non esistono, ma vabbè, uno si adatta. Passi la puzza per strada a qualsiasi ora del giorno, ma anche a quello si sopravvive. Ma.... se uno dice "vado in erasmus", pensa, "tanto, peggio dell'università in cui sono già non può essere". illuse. noi. si.
La décadence. giuro. ma proprio nel senso che cadono i pezzi. io non pensavo! questa università potrebbe crollare da un momento all'altro. attenzione.
calcinacci, cavi penzolanti, catene scendono atelticamente dai soffitti sventrati. intonaco... intonaco? naaaaa.
penso che qualche malattia si potrebbe anche prendere, si, credo proprio di si. non so, forse la toxoplasmosi, o qualcosa tipo il tifo. studenti imbambolati davanti a bacheche incomprensibili, noi sperdute a cercare vanamente un piano di appoggio. perchè si c'è il wifi (stupore e meraviglia. aix-unipr 1 a 0) ma... manca il luogo dove appoggiare l'ordinateur (ginocchia e avanbracci a parte, si intende).
e quindi in mezzo a versi gallinacei di automi in zaino e caffè ci siamo arrampicate su e giù per i 6 piani di scale che compongono l'università. e su, e giù, con gli occhi alzati al soffitto, che si sa mai, magari una trave decide di suicidarsi proprio mentre passiamo noi.
ma... la caffetteria, per fortuna, esiste. e quindi, nonostante il regime, una bella baguette jambon et beurre ce la siamo meritate. e anche una spesa di inutilità necessarie, perchè si, almeno facciamoci carine.

dessiner

vorrei smettere di fumare.
vorrei smettere di idealizzare.
vorrei smettere di bere, di essere a modo mio geniale.
vorrei smettere di amare me e il mondo.
vorrei smettere di detestare me e tutto il mondo.
vorrei smettere di essere così sensibile.
smettere di assaporare le emozioni.
smettere.
ma poi continuare.

domenica 21 settembre 2008

qualche pianeta non nel mio segno mi sta sabotando. o forse bambole voodoo. o. non so.
comunque mi sono gestita il sabato abbracciata a cuscini azzurri, ovviamente, tra righe, pois e profondo blu. non è che sia poi così male, anche se avrei voluto avere la forza di alzarmi e mettere un po' d'ordine in questo immenso cagame. o per lo meno cambiare le tende e mettere quelle nuove... rosa...azzurre... princesse princesse. che viziata.
intanto, sabato meditabondo. malinconica no, ma medito, penso, nuoto nell'aria. ascolto. ascolto canzoni che non conosco. perchè è ovvio che io non conosca. e penso, ma che poi, è un po' come una saetta a ciel sereno. passa, va, lascia il segno però.
Adesso la domenica è invece cominciata dopo 19 ore a letto. dovevo riprendermi. senza internet, fino adesso.
Aix la domenica è un po' morta, almeno al pomeriggio, almeno così pare. Stamttina mercati e mercatini di ogni genere e profumo, ora, il nulla. solo una pestilenziale puzza di cibo marocchino e vietnamita o etnico o che entra dalla nostra finestra sul borgo.
riprendiamoci dall'autismo, simo, usciamo?

mercoledì 17 settembre 2008

l'incidente

Ragazza italiana piena di borse scivola dalle scale di un palazzo francese. La caviglia si gira all'indietro e fa "crack". Il condomine apre la porta per vedere cos'è successo ma lei neanche si volta; orgogliosa fa finta di niente, sorridente recupera le borse e zoppicando e zompettando scende i restanti due piani. al buio.
poi si è messa a piangere.

martedì 16 settembre 2008

i francesi urlano

parlano a voce altissima. urlano. schiamazzano. si uccidono. oggi ho seriamente pensato di assistere a un suicidio in diretta. mangiavo in questo chez maxime tutto rosso. mangiavo ratatuille con peperoni ( che infatti sto tutt'ora patendo. maledetti peppers. maledetto topo ratatuille). vabbè. mangiavo. e questo inizia a urlare da una finetra "arrète! arrète!". cioè "fermati! fermati!". 
"ecco" ho pensato" adesso questo si butta dalla finestra e mi cade in testa". ovviamente ero sotto alla finestra". che poi, che poi. io non mi metto mai con le spalle contro il nulla perchè. si. più tranquilla con le spalle verso il muro-o il ristorante-o il cameriere-o. comunque. mai verso il nulla. oggi si. e quindi ho mangiato degli indigeribili allergenici peperoni rossi con la tremenda sensazione che qualche lite omosessuale terminasse con un salto sul tavolo sottostante. il mio. appunto.
comunque la tragedia non si è consumata alla fine. credo si siano picchiati solo tra di loro. la piazzetta immobilizzata e con gli occhi in su per vedere se qualche trucido evento sarebbe capitato in quel momento. tonfi. urla. niente di più.
è che i francesi urlano.
ho portato luna in casa, così ci sentiamo meno sole.

lunedì 15 settembre 2008

l'université

allora, questo è.
oggi ho scoperto che l'università di aix è fottutamente grande e fottutamente decadente. ma sicuramente meglio organizzata della nostra. che scoperta.
fatto sta che la nostra tutor, non solo ci ha spiegato per filo e per segno ogni minimo dettaglio di quello che dobbiamo fare ( dal numero degli uffici, alle aule, alle lezioni, a quali lezioni sono meglio per noi) ma.... ha organizzato una merenda per fare conoscere gli studenti! erasmus, e non. E all'ufficio erasmus ci hanno offerto pure le brioches. però. in compenso qui la pulizia non è di moda. schifo. esecherichia coli come minimo.
ho trovato dove teatrare, dove mangaire la pizza a mezza luna più pesa della storia, e... ho un numero francese!!!
ah... la casa, ho qualche foto. vedi sotto.
à bientot

domenica 14 settembre 2008

je suis arrivée

primo giorno ufficioso.
6 ore di viaggio che-sembravo-una-immigrata. ma ça va. posso dirlo.
alla faccia di chi oggi ha sperimentato il primo giorno di autunno 2008 IO ho goduto una mezza giornata di ancor'estate aixoise. 
sfottò a parte. seguiranno foto della casa, ma per ora posso dire che è rosa-viola-blu e coi muri ancora fottutamente bianca. ma... mia, bella e mia! mia nel senso che mi somiglia. e non è che faccio così cagare da sembrare una casa. insomma, chi mi conosce, capisce.
3 piano di scala a chiocciola con muri blu e gialli, scrostati, bohemiènne ( ??? non sono ancora francese....). finestra sulla piazza più yeah, piena di baretti, ristorantini. giù dalla finestra: i rifiuti e la mia bici. ovviamente: blu. che però, messa vicina ai rifiuti ha già rischiato di essere presa su da un gruppo di passanti. La mia bici è blu e si chiama Luna. l'ho colorata io, ci ho messo due anni e non per fare un'opera d'arte, anzi, fa cagare. il commento di mio padre è stato:" per rubarti la bici, ci vuole qualcuno come te". appunto. a buon intenditor poche parole.
tornando alla casa, vedrete le foto. ora non ho voglia di fare, e di caricarle nemmeno. è stata una giornata lunga e faticosa... però guidare in mezzo alla Francia con le compilation fatte con amour dai miei amici è stato molto bello. 
Qui aperitivo, giretto, cenetta. solita vita. però a aix, dove non esistono i distributori di sigarette e quindi c'è solo un tabaccaio serale, ovviamente, stra affolato. poi i francesi, da quel che pare, sono tabagisti pesi, per cui non ho ben capito.
e niente, ora me ne sto con pigiama i love paris seduta su un letto, vicino alla finestra, sopra un borgo e una piazza di una piccina città provenzale, a 500 km dalla mia vita. e ça va. ça va. è solo il primo giorno, ok. e poi lo so che è come andare in erasmus a roma. ma non è che la distanza importi poi più di tanto. o si? intanto sono qui. e penso. e guardo. e penso.
e tra poco dormo.
stelle francesi. vento francese. borghi francesi.
sotto il cielo, bonne nuit

venerdì 12 settembre 2008

va bene. allora, la valigia non è un problema. non del tutto. a quanto pare. non devo prendere aerei-figuriamoci- ma affrontare un piacevole- come dire, "agreable"- viaggio/travaglio in macchina con bici a carico. e, e, e. ma poi arrivo, e poi torno, e poi vado di nuovo, e poi basta per un po'. sarà ora di cominciarlo seriamente, questo erasmus.
Però ormai il -1 è un tantino soffocante. era più facile dire "parto tra 6 mesi". ora dico "torno tra 6 mesi". e nessuno ci crede. malfidenti. che ne sappiamo, poi?! per quel che ne so potrei fare l'erasmus di una settimana o non tornare più. si accettano scommesse. anche se.... vabbè, l'ansia è comprensibile.
dicevo "scrivo solo quando arrivo là". dicevo. e poi... giusto per scaricare un pochettino.
La casa, per pura informazione, è bellissima. ma proprio bellissima. è una spruzzatina di profumo di lavanda fatta di calcestruzzo e mattonelle e meravigliose tende viola. e quadri simil-klimt. 6 posti letti- che non si sa mai- un bagno- senza bidè. là non usa-  una cucina multiaccessoriata, una stanza da letto. e un misero, piccolo, assolutamente insufficiente armadio bianco. così, pour parler...per condividere.
meravigliosi spots ansiosi. una chicca. superchicca. io? si, si