giovedì 3 settembre 2009

giorno 3

Non che stia benissimo, intendiamoci. però mi sento almeno già più forte, più nel giusto, non sbagliata.
il tradimento direi che non è incluso tra le sfaccettature di una storia. mollare per avere strada libera e non sentirsi in colpa è da schifosi vigliacchi. io l'ho fatto a 16 anni. 16!! e mi sono sentita una cretina...
comunque mi ci voleva la batosta per capire che avevo sbagliato i calcoli, nonostante tutte le parole dall'esterno.

Va bene. Adesso ho preso una scatola, apposta per chiuderci dentro i ricordi. cazzo che belli e che stronzi i ricordi. viene da piangere e quel bruciore in gola che poi sale su per il naso e arriva agli occhi è implacabile. e non ha senso, oltretutto. ma ti fregano quelle piccolissime sfumature, tipo ricordarsi un'espressione. a me manca la pressione delle sue mani quando mi stringeva. le sue manone. io pensavo che fosse bellissimo. che fosse stato disegnato apposta per me. quei capelli strani, gli occhi da volpe, scuri scuri. le labbra sottili, che sono da cattivo, gliel'avevo detto fin dall'inizio. tutto spigoloso, tutto colorato che mi dicevano che sembrava uscito da un fumetto di Paz. così tanto bello, secondo me. L'espressione naturalmente sorridente, i denti un po' storti. mi capitava di vederlo da lontano, sovrapensiero e pensare "che figo quello lì" e poi rendermi conto che era lui.
aiuto. fanno venire i brividi queste cose. come il primo bacio, come tutte quelle piccole cosine che ti fanno felice.
un anno fa stavo per partire per il mio erasmus. mai avrei pensato che nell'arco di un anno sarei stata qui con piu o meno la stessa sensazione che provavo prima. questa volta però ricomincio da me. divento io la mia esigenza e la mia innamorata, almeno sono sicura di non tradirmi e farmi del male. ci vuole questo per stare bene. se stessi.
settembre per me è come capodanno. anzi, è piu capodanno che il primo di gennaio. anno nuovo vita nuova. basta piangere. va bene va bene così.

mercoledì 2 settembre 2009

settembre, first day of my (new) life

Sono stata mollata. Mi viene in mente quella scena di Come farsi lasciare in 10 giorni in cui l'amica della protagonista viene scaricata e Kate Hudson va a casa sua con un maglioncino verde, una borsina di trucchi e le dice "...fuori c'è il sole". Ecco, più o meno la situazione è la stessa.
Come si sopravvive? Ci si prende e ci si lascia tutti i giorni. Storie che finiscono come sabbia nel vento, amori che scoppiano e invadono ogni molecola di respiro. Ma perchè, ci si chiede. Io me lo chiedo. Io che sono tornata single da due giorni, che piango senza riuscire a fermarmi e che ogni piccola e inutile sfumatura mi provoca un dolore dentro. Ci si lascia, e sembra che ti esploda l'anima. Sembra che ti aprano con un coltello, che ti svuotino come una zucca e che poi ti richiudano, con quella grotta che rimane del tuo corpo. Io mi sento come se non avessi più un dentro, come se fossi anestetizzata, come se avessi preso una botta in testa.
è una specie di lutto, la fine di un amore. perchè è una privazione ingiustificata, è un braccio teso verso un ramo troppo in alto, irraggiungibile con qualsiasi scala. Ci si appiglia a tutto. Ogni ricordo diventa una violenza. E nonostante succeda a milioni di persone ogni giorno, quando succede a te, la ragione o la giustificazione sono invisibili.
Il giorno numero uno è stato un penoso susseguirsi di ore, scandite da lacrime e da amici. Che sono la riserva numero uno per la sopravvivenza. Perchè sbagliano tutto, loro, con le loro parole consolatorie che ti entrano da una parte ed escono dall'altra. Perchè non ho bisogno di sentirmi dire "è uno stronzo non ti merita", perchè tanto non sono lucida per nulla e tutto quello che vedo e che mi rimbomba nelle orecchie è il mio tanto amore andato in putrefazione. Però loro ci sono e stanno lì a guardarmi singhiozzare. E si prendono cura di me. Ieri sono stata tutto il giorno in giro, patetica, piangendo, sbattendomene del fatto che chiunque mi potesse vedere. Ho chiamato tutti, scritto a tutti, non mi sono fermata un attimo.
Mi hanno regalato una sciarpina rosa. La giornata è finita con un gineceo di promesse bellicose. io stomaco vuoto da 2 giorni, 5 birre, 50 sigarette. bridget jones praticamente. occhi gonfi, labbra imbronciate. E poi sentirsi dire di continuo "come sei bella oggi" pare pure una presa per il culo. Comunque poi le mie amiche sono entrate in casa mia e hanno staccato tutte quelle foto dai muri. Quelle che io avevo messo. Le hanno tolte e accatastate e oggi un'altra mia amica mi prende una scatola nera "perchè i ricordi vanno messi dentro a una scatola nera, mica gialla, si mettono lì e non li si guarda più".
Fatto sta che ieri ho aperto la finestra per fumarmi una sigaretta, e lui, neanche a farlo apposta, è passato sotto casa in quel momento preciso. Mi sono venuti i sintomi dell'infarto. E adesso vederlo sarà una sofferenza continua.
giorno numero 2 è cominciato nel lettone con le amiche. Peccato che la mia poca lucidità mattutina non mi abbia fatto ricordare nell'immediato che fossero loro, e se senti un corpo di fianco al tuo di chi pensi che sia, spontaneamente?
poi ti guardi allo specchio, vedi gli occhi gonfi rossi e incollati e ti ricordi tutto.
Giorno numero 2, ore noveEzeroSette della mattina. fazzoletti e libri in borsa... e via.

martedì 18 agosto 2009

un agosto dopo

Ho i capelli crespi e la treccia da una parte. Crescessero ‘sti maledetti, almeno potrei tagliarmi le doppie punte! Ho fatto fioretto: finchè non sono lunghi, a un parrucchiere non mi ci avvicino neanche. Poverini, sono rovinati. Il sole, il sale. Il mare. E pago pegno volentieri. Vuol dire che almeno ci sono stata sulla spiaggia, poi chissenefrega se ho le doppie punte! Eh…
Il ritorno è sempre drammatico. Nonostante la mia estate da pendolare. Credevo che tornando ieri, dopo ferragosto, avrei trovato la città rianimata. Io pensavo, nella mia candida ingenuità, che finito ferragosto, fosse praticamente finita anche l’estate. Come se non avessi mai vissuto. Se agosto mi fa schifo da sempre, ci sarà un perché.
Perché è così fottutamente lungo e, nel frattempo, fa paura perché lo sai che finito agosto, finisce anche la pacchia! Ricomincia la nebbia, i tram tram da cappotti, fino ad arrivare ai piumini, agli alberi di Natale, botti di capodanno e via. Sempre la solita solfa.
Mi fa incazzare agosto. Perché ti prende in giro, dai. Ti fa pensare di essere ancora in estate ma non è vero. Il sole tramonta sempre prima, ma nello stesso tempo fa un caldo che sembra di essere sul sole. Però non ci sono alternative perché la città dorme. Come un ghiro, dorme. E tu torni dalle vacanze e ti trovi in questo brodo di afa senza vie di fuga. Partirei, partirei… un anno fa la partenza ce l’avevo sul groppone. Avevo così tante cose da fare che nemmeno me n’ero accorta che era agosto. Ero troppo impegnata a violentarmi il cervello di isterismi da storie finite, da altre inesistenti, da ricordi stronzi e speranze nulle. Così pensare a quante magliette mettere in valigia e a che colore sarebbero state le tende della casetta di Aix mi sembrava un’ottima alternativa alla sofferenza emotiva.
Non ho versato una lacrima partendo. A dire la verità sono partita completamente ubriaca. Ovviamente non guidavo io. La sera prima di lasciare l’Italia ho preso la sbronza più grossa di sempre. Fatevele voi, poi, 6 ore in macchina a soffrire ogni buca nell’asfalto. Il mio primo giorno in Provenza l’ho passato nel letto. Catalessi totale. Mi sono svegliata poi la domenica verso mezzogiorno fresca come una rosa. È tutto dire.
Ed è passato un anno. Devo ancora smaltire i chili persi. E di certo non li smaltisco nelle focaccerie di Levanto a ingozzarmi di focaccia di recco con un fidanzato-stegosauro che a giorni alterni mi chiama affettuosamente tombolotto o pandorina.
La differenza principale dall’anno scorso è che non me ne sto più a frignare isterica in cerca del perché o il per come sia finita. Ora me ne sto –quasi- nella pace dei sensi, sempre con un enorme punto di domanda che mi dondola sul cranio. Me ne sto a immaginare partenze e viaggi. Me ne sto con dei maledetti occhi a cuori che mi sento hello spank nelle puntate più low profile della serie.
Dicevo che la mia estate sta essendo da pendolare. Una sola e unica meta: Levanto. Un po’ per scelta, un po’ per adattamento darwiniano. Ma comunque ieri quando tornavo a quanto pare definitivamente dalla mia estate, mi ha preso la solita sindorme da pianto ininterrotto. Tra Empire of the sun, lady gaga, mgmt e hit simili, mi sono fatta la cisa lacrimando come una forsennata. Io odio tornare dalla vacanze.
Oggi sono sul filo del nervosisimo, robe che spaccherei a craniate il monitor del computer. Sola in mezzo a questa bolla padana paralizzata.
Un anno fa avevo appena trovato un appartamento in rue venel a aix en provence, ero convinta che non mi sarei più fidanzata in vita mia e l’università era l’ultimo dei miei pensieri. Adesso, dopo aver passato l’anno più assurdo che potessi immaginare, è tutto scaravoltato.
Me ne sto in un appartamentino carino, che vorrebbe essere la copia venuta male di quello in Francia. Fatto sta che regna il caos ed è un works in progress continuo. Sentimentalmente parlando il mio radar ha trovato l’ennesimo attanagliato da incapacità emotiva; e la cosa che più mi stupisce è che nonostante i giuramenti passati, a momenti è un anno che stiamo insieme. Nonostante gli occhi a cuore, mi sto ancora chiedendo il perché.
L’università è il dente più dolente di tutta la bocca. Me ne sto con pile di libri totalmente inermi. Conto gli esami alla rovescia, ma anziché essere incoraggiata, ho l’effetto contrario, quindi una totale improduttività! Settembre è molto vicino e io ho molta paura.
Voglio tornare a Aix.
Riassumendo: sono messa malissimo.

martedì 21 luglio 2009

la bicicletta parmigiana

Nel senso che ora pedalo.
Alla fine l'ho voluto io, no? Hanno sempre cercato di insegnarmi a non lamentarmi, io invece ho deciso di essere inesorabilmente lamentosa.
Mi sembra così strano scrivere ora, 6 mesi dopo. L'ultima volta che ho calpestato i tasti per aggiornare questo blog ero ancora in rue venel... ora invece me ne sto seduta in ufficio, con un boffone dell'aria condizionata sulla schiena a ricordarmi che luglio va verso la fine, ci sono 40 gradi e io sono in città. Quindi qualche lamentela, forse, potrebbe pure starci.
Dicevo, sono passati 6 mesi; più il tempo che sono tornata ormai, di quanto sia durato il mio erasmus ed è assurdo quanto ora io rimpianga la mia permanenza francese. Credo sia sempre lo spirito di lamentela; quando ero là, mi lamentavo. Ora che sono qua, mi lamento. Dico solo che è assurdo quanto oggi abbia flash della mia vita parallela francofona, di quanto stia con l'orecchio teso ogni volta che sento una erreArrotolata, di quanto mi sembra che questa città sia priva di odori. Poco sensuale, insomma.
Il problema più grosso è che una volta che parti, ti viene poi l'orticaria a stare fermo; sfido chiunque a dire il contrario. Però, visto che la mia attuale situazione prevede stabilità ho pensato, perchè no, di ricominciare da qui; delle curiosità ci saranno lo stesso, o no?
proviamo...
intanto, welcome back!

venerdì 30 gennaio 2009

Bye Bye Aix

Au revoir mes amis.....
au revoir Aix.

Sipario.

titoli di coda.

domenica 18 gennaio 2009

contagocce

Ultimi giorni.
deliri pre partenze.
esami.
feste di addio.
Partiamo dal presupposto che qui TUTTI e dico TUTTI hanno finito gli esami, e arriviamo al fatto che l'unica che li deve ancora cominciare, sono io. O meglio, uno a dicembre, e un pezzo lunedì scorso. Letteratura Francese. Dissertation con titolo già di per sè incomprensibile:Maurice Blanchot ( celeberrimo critico, onnipresente nello scibile di chiunque...nevvero?) parlando del canto delle sirene lo definisce come "un canto enigmatico la cui forza nasce dalle proprie mancanze". Dite in quale misura questa formula si può applicare alle opere in programma e alle opere moderne, in generale. Dovrete chiaramente precisare la natura delle "mancanze".
Ma i cari, vecchi temi, no!? Nell'anfiteatro è sceso il gelo. Io e Simo invece siamo direttamente scoppiate a ridere. Tentazione di andarsene: molto forte.
6 pagine di cazzate, vecchia tecnica liceale del "scrivo tutto quello che so e se vado fuori tema, amen". cosa dovevo fare?! ma poi... chi cavolo è Maurice Blanchot????? Comunque dopo questo trauma i prossimi sono rimandati alla settimana prossima. Molto abbacchiata.
Almeno, visto che ormai siamo tutti con un piede nella fossa e una valigia nella mano, si festeggia. Si festeggiano le partenze e i compleanni. Infatti.. infatti: V-party, a casa di Nicolas! V party cioè: travestirsi da qualcosa che inizia con V.
Le abbiamo prese in considerazione tutte: vegetali, VergineMaria, vittima, vestito, vaso, vagina, vamp, vaffanculo, vino, verre, vogue, vague, v,v,v,v.... finchè, l'illuminazione: VOYELLES. Come la poesia di Rimbaud. Acute, le ragazze, raffinate e sagge!
Bene, noi siamo in 4, ognuna sceglie una vocale, e siccome quel mattachione a ogni vocale ha assegnato un colore, ognuna prende quel colore. Poi, siccome che le vocali sono una cricca indissolubile, bisogna andare in giro legate per carità. polsi legati. catena umana. é però le vocali sono A-E-I-O-U. quindi cinque. e noi? noi siamo 4. Quindi come si fa? Prima idea: prendere una bambola gonfiabile.
Ma costa troppo.
Allora ci siamo accontentate di una E spenzolante tra la A nera e la I rossa. Che poi nella poesia la O e la U sono invertite, per cui, siccome che abbiamo le rispettive parrti di poema scritte sulla schiena, bisogna che si invertano la O blu e la U verde, per forza. Vorremo mica fare la figura delle ignoranti!
Alla fine, eravamo una meraviglia. Infatti... abbiamo fatto scalpore, soprattutto perchè questa mandria ignorante, pur vedendoci appese al collo ognuna una VOCALE non è stata in grado di capire. Spiega una volta, spiega due volte, spiega tre volte. Ma qualcuno ha mai letto la poesia di Rimbaud? NO. NO!? Adesso trovatemi in Italia qualcuno che non sa chi cavolo è Leopardi.
C'erano V come Voiture, come Vagabundos, come Voleur, come Village People ( un meraviglioso trionfo omosesuale), come Vodka, come Vip, come Vamp, come Vacanciers, come Voyageurs, come Volley ball, come altre cose che con la V non c'entravano un benemerito. E sembrava un raduno di facebook. Mi sono trovata a parlare contemporaneamente inglese, francese, spagnolo, tedesco in un clima etilico da simil-distilleria. nessuno capiva più niente. Cappelli che volavano, foto a gente ignota. Ho persino guadagnato un paio di occhiali rosa a pois fatti a farfalla.
E in tutto questo, nel tornare a casa, Laura è stata inseguita da un francese ubriaco. Lui che la inseguiva chiedendole bisous e lei che rispondeva correndo e urlando "mi chiamo laura, sono italiana e che cos'è un bisous?".
Io mi immagino il povero tassista che vede salire 4 matte legate per i polsi e con delle lettere appese al collo. Dettagli. il vero trauma è stato il risveglio.
Tonf, si sente. E io a pensare " è caduto il mobile del bagno". Quindi mi alzo, passo davanti al bagno e vedo due piedi sdraiati sul pavimento. Con le mie ciabatte.
Primo pensiero: ecco dove sono le mie ciabatte.
Secondo pensiero ( a voce alta): Simona è svenuta nel bagno.
Terzo pensiero: o è morta?
Quarto: non guardo perchè metti che ha sbattuto la testa e c'è il sangue...
allora dritto in cucina e con calma olimpica chiedo a Simona che è seduta al tavolo ( e quindi non morta e non in bagno): Ma per caso Giulia è svenuta in bagno?
Perchè è chiaro e cristallino che se Simona avesse saputo, l' avrebbe lasciata lì distesa per terra.
Risposta : Non lo so! Oh Signore!
Attacco di panico mio, mi fiondo a letto, Simona che con una mano imbottisce Giulia ( che non aveva sbattuto la testa, non si sa perchè, forse perchè è molto magra visto che il bagno è molto piccolo. molto. molto molto. molto) di zucchero e con l'altra le solleva le gambe e Laura che ciondola blaterando "cosa e successoCosa è successo". Questo è quanto.
Giulia ha un colore tendente al verde e giace sotto il piumone da stamattina, dopo che Simona la forte l'ha portata a letto, mentre che Francesca il coniglio tremava in preda al panico e Laura il bradipo cercava una spiegazione all'accaduto sbattendo le ciglia.
E siamo ancora in pigiama. Ogni tonfo, un sobbalzo. Si sa mai che svenga di nuovo.

sabato 10 gennaio 2009

ossessioni

La vita è ricominciata più o meno normalmente dopo la neve. A parte il fatto che vista l'inaspettata catastrofe biancheggiante tutto è rimasto bloccato e glassato per giorni. Esami annullati per una settimana, locali chiusi, strade deserte.
Stamattina mi sono alzata e il cielo era azzurro. Sole. Della neve neanche più l'ombra. Ma tanto necessito di isolamento. isolamento da studio. Necessito, ci soffro, ma necessito. Basta dire che ieri sera mi facevano male le ossa del sedere. Condizione sufficiente e necessaria a dimostrare che non mi sono mossa di casa neanche per comprare il giornale, che ne so. O per comprare le sigarette. O la coca cola. A quello, ci ha pensato Simo.
Inizia il count down al ritorno. Si potrebbero elencare i pro e i contro, non so chi vincerebbe ma ci si può almeno provare. Anche se non vedo l'ora di essere sommersa dalle mie abituali frenesie quotidiane. Si ingrassa a rallentarsi, e infatti è evidente che il mio metabolismo ha sofferto dell'assopimento. "Sembri un criceto", mi han detto. Grazie, aggiungo. Ma non importa.
Del ritorno mi spaventano gli incontri, almeno in parte. Gli scontri, si può dire. Perchè non ci si può evitare per sempre e presto o tardi il muso contro lo dovremo pur sbattere, o no? Il problema sta tutto in un nome. Non sto a elencare e dilungarmi, ma io ho un problema di approccio con un nome. Maschile.
Di quelli che si chiamano così, non ne ho incontrato uno normale e di uno mi sono pure innamorata. Dramma dei drammi.
Adesso, piuttosto, mi chiuderei in atteggiamento misantropico e alla prossima stretta di mano, scappo a gambe levate.
A curriculum ne ho almeno 3, se non 4. Anzi, 5! o 6?
E, giusto per precisare, mamma sono anch'io per la monogamia, ho solo inseguito il nome sbagliato!
C'era quello già fidanzato, quello che poi siamo diventati migliori amici, quello che il nostro amore era più platonico e immaginario che altro, quello che ci siamo dilaniati a vicenda.
Quello che un bel giorno di settembre mi si inventa una love story progettando e immaginando, poi sparisce nel nulla rifugiandosi dietro a disturbi depressivi. Tutto questo, nel mio più totale silenzio. Avrei capito se avessi sfoderato almeno una goccia o due del mio isterismo, sarebbe stato giustificato; ma giuro che non ho neanche fatto in tempo a dire il mio nome, probabilmente.
Quello che è succube della sua vita e pensa che tu- cioè, io- possa salvarlo dall'inferno senza però muoverlo di un millimentro dalla sua palude in cui vive felicemente sotterrato e insoddisfatto.
Quello che ci siamo amati troppo credo. O troppo poco.
E quindi ora penso di aver sbagliato tutto. A cominciare dai nomi. Anno nuovo, vita nuova. Sto dimostrando una calma olimpica totalmente inaspettata. Serenità scandita da qualche conto alla rovescia, da qualche "che due palle", da qualche fotografia. Da qualche "ma davvero?" e da qualche "si, si... è vero". ci si incoraggia coì, cambiando. Scoprendo e riscoprendo.
Sono arrivata alla tranquillità zen del grado di appagamento quasi massimo per il momento. Che se anche le cose per sfiga dovessero andare tremendamente male, mi fa pensare positivo. La relazione più importante della mia vita è andata avanti a distanza in questi mesi ed è cresciuta e ingrassata. E non parlo di uomini. Ma dell'amore più bello che c'è.

"Perchè le settimane mi si scandicono coi giorni che passano e che arrivano, perchè so che per un giorno di distanza, ce n'è uno di vicinanza, e via così... Adesso so anche che non c'è bisogno di stare appiccicati 24 ore su 24 e che non è il bisogno morboso che fa andare avanti le cose."
Si sbaglia tutto, certe volte.

Certe volte la violenza ti sbatte contro come un incubo da cui ti svegli sudato. Altre, la violenza non esiste nelle mani, ma nei pensieri, negli sguardi. Nell'amore che finisce e ti calpesta a forza di "no". Gli occhi si spengono, la voce non riecheggia più e sei pesante. Pesante. Pesante come uno scoglio beckettiano piantato e sotterrato al centro di una scena spenta. Così ingombrante da venire evitato. Nemmeno più ti prendono a calci. Chi, l'amore? Quello, a un certo punto, ti guarda da lontano e ha cambiato colore. Reietto. Non rimane che l'ombra o il gusto falsato. Un'eco che ripete solo quello che-non-vorresti sentire, come un nastro rotto su una radio bellica.
Quando finisce, non esistono più bugie.
Le bugie si dicono per salvarsi. Certe storie vanno avanti a suon di bugie. Per amor proprio, non amor dell'altro. Perchè se menti è per non farti del male. Ma l'altro, a cui non servono occhi nè orecchie, ti osserva nel profondo e tiene stretta la tua mano lo stesso, anche se solo per un dito.
Ecco cosa ha spento la candella. tutti quei punti di domanda scritti stupidamente. Quei dubbi che a volte fanno sentire vivi. Perchè la perfezione stufa. E più la inseguiamo, più la desideriamo, più la invochiamo. Più, involontariamente, la evitiamo. Perchè fa paura. e' un mostro verde e pigro seduto su un trono. Niente, intorno a lei. Sapresti accettarla? Meglio correre, no? Barricarsi dietro all'idea di lei perfetta. Farfalla inarrivabile che si libra tra le stelle. Così noi la cerchiamo allungando le braccia. E basterebbe molto meno, in realtà.
Guardare a destra, poi a sinistra e andare dritto davanti a noi, senza violentarsi l'anima di follie.

mercoledì 7 gennaio 2009

oggi bisogna

Bisogna scrivere.
Oggi, Aix en Provence: NEVE! Si, si. evento storico. memorabilia. Ho assistito allo stupore.
Risveglio con luce bianca che filtra. Filtra riflesso lento. troppo lento per la pioggia. Troppo bianco per la pioggia.
A aix en Provence non nevica mai. Una vita all'aria aperta. Tutto costruito e studiato secondo le migliori regole ingegneristiche e architettoniche a prova di Apocalisse. Come no.
Neve ovunque. Palle di neve vaganti. Pupazzi di neve in Piazza della Mairie. Un po' come se, a Parma, si mettessero a costruire pupazzi di neve in Piazza Garibaldi, Piazza Duomo o Piazzale Barbieri. Urla, scivoloni. Come dice Simo, si potrebbe fare un sondaggio su quanti ricoverati per femore fracassato ci sono stati in data 7 gennaio 2009. Alla faccia del global warming, per la gioia di bambini in tuta da sci che si aggiravano per le strade con bodyboards e bob e moonboots e guanti a manopola. e. e. e.

Praticamente il giorno più bello della mia vita.

La notizia del giorno è che gli esami, causa maltempo, università inarrivabile se non con sci, ciaspole, telemark, parapendio, pattini o snowboard, insomma, per disastro metereologico gli esami sono momentaneamente annullati e rimandati a data da destinarsi. Vuol dire che non ci si sente troppo in colpa ad uscire, nella prima giornata di saldi...
Zara, un supermercato. A confronto l'Esselunga è un capannone abbandonato. Shopping, shopping, shopping... perchè "la biancheria intima è un diritto umano inalienabile", ma anche tutto il resto. E lo capisci perchè la gente ha gli occhi assatanati, se ne frega di eventuali scivoloni sulla neve e marcia a velocità olimpica, carichi come muli sardi e felici come criceti sulla ruota. Di questa mandria autistica caricata a molla, ovviamente, faccio parte anch'io.

Il cielo è ancora bianco. Il pavimento pulito. Sonno su Rue Venel, occhi a cuore e coca light.
il libro sul tavolo, chiama.

martedì 6 gennaio 2009

gennaio

é cominciato. 2009. Duemilanove. Vecchio 'sto mondo. Auguri, intanto. Che poi non è che cambi niente da un giorno all'altro. Però ci sono sempre novità che capitano, arrivano, scombussolano e sorridono.
Io mi sento una Penelope lontana. Che lascia marinare idee e tele, che da tempo al tempo, guardando da Rue Venel verso la piazza, più deserta che mai. Aix ha avuto una fretta indemoniata di far evaporare il Natale. Torni a inizio gennaio e di Santa Claus non c'è più neanche l'ombra. Anzi. Solo nebbia e desertificazione totale. Depauperamento post festivo. Non so, comunque sono gli ultimi giorni, le ultime settimane di questo Erasmus un po' da pendolare, un po da "più vecchia". Gli sgoccioli... poi si vedrà.
Esami alle porte, pigrizia latente, libri portati ingiro qua e là come cani da passeggio, per sentirsi meno in colpa. Un po' degli animali da compagnia. Compagnia ispanica, storica e francofona... poi si vedrà. Aiuto.

Ho fatto anch'io i miei buoni propositi per quest'anno e sono ottimista, da qualche mese a questa parte. Tanto che il mio duemilanove è iniziato ballando canzoni tedesche con perfetti sconosciuti, o con volti ben noti, a sorpresa. Seguito da un viaggio della speranza. Ok che sono stata battezzata e svezzata da interminabili tragitti Francia-Italia, ma ogni viaggio è una sorpresa.
Ben sapevo che tornare dal Trentino in treno sono più di 4 ore, ma rispetto alle 15 dell'ultimo ritorno mi spaventavano ben poco. E allora 6e30 del mattino si parte con valigia aerospaziale e tristezza cosmica, freddo polare e musica nelle orecchie. Primo treno: Bolzano-Verona. preso per un pelo. Arrivata più che puntuale. Secondo appuntamento ferroviario: Verona-Modena. di corsa, poi: treno soppresso.
- Mi scusi?
- Si signorina.
- Quindi cosa faccio?
- c'è il pullman! esca, a sinistra vedrà la fermata.

Va bene, io e altri disperati pendolari, viaggiatori e turisti.
Poi arriva il pullman e salgo ed è pieno. Quindi? Si viaggia in piedi, no? in mezzo a un corridoio largo come un braccio piegato, a ascoltare musica, canticchiare e guardare il nulla fuori dai finestrini. Nebbia, neve. Neve, nebbia. Albero. Casa. Neve, nebbia. Nebbia, neve.
Così per più di un ora. Almeno ero in viaggio. Poi a Mantova i turisti scendono e io riesco a sedermi e salgono orde di gente. Che se su tutti quelli che salgono vedi un uomo vecchio, sfatto strabico e senza denti, dove vuoi che si sieda, se non vicino a te. E infatti...
Fino a Suzzara. Un'ora. Un'altra ora di nulla o quasi. Che quando scendi dal pullman vedi che non c'è niente se non goliardia di anziani con bottiglia di vino a mezzogiorno, ancora neve, ancora nebbia e nient'altro.
Almeno fino a casa, macchina.
Questo il ritorno, il primo. Poi il secondo, verso la Francia. A cantare per ore in macchina.
E ora sempre qui, con libri, caffè, coca light, cereali e tisane. A studiare. E traslocare.