giovedì 25 dicembre 2008

last post of the year

adios mundo, io me ne parto.
la fille italienne ha abbandonato la Francia per Natale. Ha lasciato il freddo per il gelo, la casa piccola per la casa grande, gli amici per la famiglia, eccetera.
Ora parto, vado, poi torno... però. però. però è Natale. Natale di nebbia e senza neve. Natale febbriccitante. Natale senza abbuffi. Buon Natale però, per me. e per tutti. si spera.

Che poi la ruota gira e il cervello mica si azzera con lo zeronove. Si tirano i dadi nuovi e le somme vecchie. Che poi spesso spesso si ingarbugliano tra di loro, ma fa niente. Mica tutto è fatto per essere sotterrato.
E stai attenta, quando parli. Se pensi. Se giochi. L'angolo buio ( anzi, molto illuminato in realtà, ma meglio vederlo come buio, così, almeno per finta, quello che c'è nascosto non è nitido) non si sposta da dov'è. Lasciamolo stare. Serve, certe volte, un doloroso giaciglio psico sentimentale.

però adesso vado, scappo, corro. Poi torno, torno...

Buon' ultima settimana di anno pari. l'8 è il mio numero preferito. Ma è stato un anno di merda. (schiettezza natalizia).

AUGURI mes amis

sabato 13 dicembre 2008

le stranezze

Per chi mi chiede se Piediscalzi gira ancora a piedi scalzi: si, Piediscalzi gira ancora a piedi scalzi. E si, lo so che è dicembre, che fa freddo. Ma forse lui no!
Comunque a parte questo, il freddo da alla testa.
Pare che le stranezze si concentrino tutte qui. La conclusione è che se da noi girassero persone così, verrebbero internate. Subito anche. Ma non è per esagerare, sul serio. Tanto per cominciare l'igiene non è uno dei valori principali di questa società. Entri a lezione e vedi un trionfo di capelli sporchi. Ma molto sporchi. Calze bucate. Maglioni macchiati.
Sembra di entrare in un enorme cesto della Caritas. Tute da sci a lezione di letteratura: perchè? E di fianco ti compare la sorella hard di cappuccetto rosso che alle 9 di mattina si presenta in classe con stivale rosso con tacco a spillo, rossetto rosso e minigonna (rossa, s'intende).
Sempre parlando di letteratura il professor-braccio-corto-Perez ha ormai fatto in modo che gli ex onnipresenti alle lezioni si estinguessero. Ormai restano fedeli solo gli americani, che sono tre:
lui: il miglior individuo che ho incontratato da quando sono qui. Nero rock and roll che sembra uscito da una pubblicità della Richmond. Super glam. Pieno di accessori luccicanti come orologi d'oro, occhiali da sole anche quando piove. Cappellini. Maglioni molto cool e accento esageratamente american anche quando parla in francese. Anche perchè spesso non si prende la briga di parlare in francese in effetti. Ad esempio, Perez spiega che il libro di Beckett in programma è "Compagnie". Lui lo guarda con aria saccente e ribatte "Oh...Company!".
Lei n.1: di colore, sempre in primo banco di fianco a lui. A volte è bellissima, a volte è bruttissima. Non si capisce perchè. All'inizio credevamo che fossero due persone diverse.
Lei n.2: quella che si sdraia sulle sedie, senza scarpe e, mentre il professore parla, mangia, beve e banchetta. L'ultima che ha fatto è stata giovedì: lezione incredibilmente lunga, assolutamente pesante. Noi in chiari attacchi isterici da sfinimento, di quelli che ridi anche solo se ti cade una matita. Bene, ci voltiamo e vediamo lei con sciarpa azzurra appoggiata in testa. Non è musulmana, non era un velo ne niente, era la sciarpa che da attorcigliata intorno al collo è passata ad appoggiata sulla testa. Non ce l'abbiamo più fatta anche perchè per non guardarla e ridere, abbiamo guardato il professore, ma.... lui era allungato sulla cattedra tipo musa della poesia, con tanto di piede appoggiato e calzino in vista.
Visto, non è un problema mio.
Parlando del corso di spagnolo la follia dilaga ancora di più. Gente che arriva, si siede in ultimo banco, mette in ordine alfabetico i cd poi si alza e se ne va. La professoressa- palestrata, sempre in canottiera e con la bocca grande come il Blue Window a Gozo- che parla, così, cosciente del fatto che tanto nessuno la ascolta. L'unico con cui si sfoga è Sebastian. Che però è cieco.
Quindi lei cosa fa? scrive frasi alla lavagna, le legge una volta alla velocità della luce ( o, in alternativa, non le scrive alla lavagna ma le legge solo alla velocità della luce) e poi: Sebastian, traduci!
E poi balli nella grand hall, feste con tanto di fotografie polaroid. E esami al sabato mattina.

Per strada la gente è impazzita, in preda a frenesie natalizie. Sembra di essere nel centro di ney york dai milioni di piedi che ti pestano, invece è aix en provence ed è probabilmente stata assediata a mia insaputa. A parte il fatto che le nostre ristrettezze-ahimè- economiche ci permettono ben poco, per cui abbiamo almeno evitato luoghi di perdizione come H&M, Zara, American Apparel e mercatini vari, siamo però andate a fare la spesa (spesa, poi... pane e verdura per non morire di stenti). Uscendo dal supermercato, in centro che più centro non esiste niente, sentiamo tipo 5 cani che abbaiano. Usciamo: 3 cani, ma di quelli grossi neri e bavosi, addosso a una persona sdraiata in terra. Intorno altri tre, che guardavano e urlavano e scalciavano, non so se tra di loro, ai cani, o a quello sotto ai cani. La cosa imbarazzante è che il cours mirabeau alle 5 del pomeriggio di sabato è chiaramente pieno di gente per cui c'era un accumulo umano che assisteva alla scena da ultima di campionato. E di tutti questi coglioni imbambolati ce ne fosse stato uno che abbia fatto qualcosa. Immobili impalati a guardare, mamme che per guardare loro tenevano le mani sugli occhi dei bambini. Tutti lì e nessuno a fare niente. Si, c'ero anch'io, lo so ma io mica sono francese e poi il numero della polizia non lo so neanche ( per cui se mi rapiscono sono nella merda. Speriamo che non mi rapiscano). Vabbè, fatto sta che dopo un po i cani bavosi si spostano e l'individuo si muove, urla qualcosa (e lì capiamo che era ubriaco) e poi giù per terra di nuovo. Al che ce ne siamo andate. Slalom verso casa tra castagnari, altri cani, altre famiglie, altri ubriachi.
E in tutto questo, la settimana scorsa sono scivolata per terra, da sola, di notte: e rido. Livido viola, chiappa sinistra. Buonanotte Aix!

martedì 9 dicembre 2008

cappuccetto rosso

Così mi hanno chiamata per strada qualche giorno fa. In effetti...basco, cappotto e rossetto. è il fantasma del Natale passato/presente/futuro che è in me.
Nel frattempo mi chiedo: cosa sta capitando al mondo che va tutto storto? Da qui, dal mio universo parallelo alla vaniglia, dove il tempo corre anche se sembra fermo, da qui mi arrivano immagini di mare imbalsamato nei ricordi. Perchè c'è chi vola via, senza dire niente. Affoga come i poeti e sopravvive come le poesie. Ma lascia una scia da cometa riflessa, da fotografia, da registratore. Ecco cosa succede, quando si parte. Che si è lontani e non si può che osservare a distanza lo sconforto. E tenerselo addosso finchè non si capisce. Basta un "ciao"? un" ti voglio bene"? Basta?
Basta.... vale, come la felicità e i ricordi. Ho già salutato. Avrei voluto sorridere.

Pioggia su pioggia, onda su onda. Guardo dalla finestra ombrelli deambulanti. Reduce da temi e riflessioni sulla modernità, l'anti-modernità, la poesia e l'educazione. Sentimentale, s'intende. E mi aspetta un libro che mi guarda lì dal letto. Inerme e intonso. Perez, non era poi Perez. Misunderstanding. Adesso c'è il vero Perez. E non è stata una bella scoperta, no.
Ometto di mezz'età. Basso. Barba. Vestito di beige e colori slavati simili. Ha le braccia talmente corte che le mani sono sempre coperte dal maglione, come fanno i bambini timidi. Ma lui non è timido, non lo è per nulla! Decanta con voce tonante stralci di Céline. Che Céline in francese è incomprensibile, con tutte quelle sue parole e puntini di sospensione e frasi a metà.e.e.e.
E poi ti guarda fisso negli occhi e non capisci se domanda o ti minaccia e tu abbassi lo sguardo, cosa devi fare? Voce da cattivo dei film.

lunedì 1 dicembre 2008

e inverno fu...

Una settimana che non faccio altro che starnutire. tossire. lamentarmi. e soffiarmi il naso. il raffreddore non passa. E Aix si surgela sempre di più.
Natale Natale Natale!!!! Che puntuali 'sti francesi, oggi 1 dicembre hanno definitivamente acceso tutte le lucine della città! anche se, vuoi per la crisi economica, vuoi per l'inquinamento luminoso, l'illuminazione natalizia 2008 è un po' patetica. Ma ci piace lo stesso. Il Cours Mirabeau è tutto pieno di deliziose casupole di legno con neve finta applicata, Ci sono le giostre e le renne di Babbo Natale. Sono così in clima festoso che riempirei la casa di caramelle rosse e bianche a righe, alberi e alberelli, vischio, bacche, festoni, balocchi e folletti. Per ora ci accontentiamo solo del calendario dell'avvento al cioccolato però.
A parte questo, gli esami si avvicinano tremendamente e la cara vecchia Martine amplifica il suo piano di terrorismo psicologico. Ad esempio. La settimana scorsa ci da un esercizio da fare in classe. Lo faccio. Le chiedo se va bene. ça va, mi dice. Due cose da cambiare, le cambio e tutta fiera di me, consegno. Bene. Oggi ci restituisce i compiti e con aria innocente ci dice "ho fotocopiato alcuni dei vostri compiti senza chiedere il permesso agli studenti. Così guardiamo insieme cosa non si deve fare".
Ovviamente tra i 3 compiti selezionati il mio c'era! Perchè!? Poi guarda, legge, controlla e dopo aver distribuito 20 fotocopie con il mio esercizio come dimostrazione di ignoranza studentesca si rende conto che il mio compito andava benissimo e che non aveva letto bene. Lei, la cara Martine, bocca da rana e testa gigante. Lei, di un'acidità sconfortante.
La settimana passata ci siamo permesse un pomeriggio marittimo. 2 ore di pullman e 20 euro di viaggio. Stesso budget e stesso tempo, con ryanair andavo fino a Londra. Invece sono andata a Cassis, passando per Aubagne. Freddo polare, pioggia, buio.
A Aubagne sale con noi sul pullman un vecchietto. Vecchio vecchio, con un mazzo di rose rosse in mano. A chi lo porterà, ci siamo chieste. E malignato e fantasticato e un po'riso. Poi partiamo e passano chilometri e pioggia senza fermate. Dopo più di mezz'ora il pullman si ferma e il vecchietto con le rose scende. Io mi volto e lo guardo. Lo vedo entrare nel cimitero, con il suo mazzo di rose rosse tra le mani. Spaccacuore. Di lì poi è stato tutto strano per un po'. Un po'ovattato. Un po' soffocato dalla tenerezza.
"ma noi ameremo mai così?" mi chiede
"ma noi saremo mai amate così?" controdomanda.
Bo. Fatto sta che 'sto amore è proprio una roba strana e da qui lo guardo e lo osservo addosso a tanta gente. C'è chi soffre, chi risorge, chi tradisce, chi resta fedele, chi si innamora a distanza e chi a distanza capisce che è ora di tagliare i cordoni ombelicali. Si vedono amori improbabili sbocciare e altri che non sono proprio proprio amori, ma esplodono comunque.
Imparo da qui. Imparo tanto. Imparo anche me. Ed è tutto dire.

lunedì 24 novembre 2008

io vagabonda


l'aria sa di freddo. E si, lo so che là nevica. Ma pure qui fa freddo. E saranno cinque anni (dicono) che non cade un fiocco di neve a Aix en Provence, ma visto e considerato che non dovrebbe neanche mai piovere, mi aspetto una bella nevicata alla francese. E un po' ci spero. L'aria profuma di ghiaccio, ci sono lucine ovunque (anche dentro casa, per adattarci al clima), il cappotto non basta più. Insomma: buon Natale everybody! Mi sento ancora un po' anglofona. Londra piena di gente. di underground. di colori. di passi. di noodles. di arte. Londra.
Poi si torna e rue venel si è rinnovata, ormai esplode di cose e persone... ed è bellissimo! Nuovo bagno rosso fuoco e nuovi muri sempre più nostri. il ritorno non è poi un trauma. Nessun posto è lontano se si è vicini. stringimi, stringiamoci. E così via...
è iniziata la stagione del Beaujolais. Ed è già passato un anno che lo bevevo al caldo nella cucina rossa di casa mia. Qui non so bene come funzioni, ma sembra l'evento dell'anno. Tipo il momento cult della stagione autunno-inverno. Ovunque poster: " le beaujolais est arrivé". Evviva. ma c'era anche prima, volevo dire. O almeno in casa nostra le bottiglie non mancavano. Che avanguardia.
Comunque, sto leggendo un libro che apre le porte del design, e mi sto piuttosto spaventando. C'è un capitolo che si intitola "blogs" e leggo: "i blog spesso muoiono poco dopo essere stati partoriti" il che fomenta la mia incostanza; oppure " spesso i blog interessano di più allo stesso autore che al suo pubblico", e voglio dire, non è certo incoraggiante perchè se si parte pensando che non interessa a nessuno tanto vale chiudere baracca e burattini e via. Speriamo di no, anche se in effetti il divertimento sta diventando un po' impotente, ma è direttamente proporzionale al fatto che col freddo, come i gatti, gli orsi, le talpe ecc, viene da chiudersi nelle tane e la fauna francofona si sta forse rinchiudendo tra coperte e brodi caldi, anzichè uscire. Menti surgelate necessitano climi tropicali.
Credo che per un po' non mi sposterò di qui anche perchè mi sono resa conto che il mio erasmus sta ormai andando verso la fine. in realtà il problema principale sono i limiti logistici. Ora. Quando scelsi la meta uno dei motivi fu anche la vicinanza. "600 km, vicinissimo!" ho pensato. Non è vero. il viaggio di ritorno verso l'Italia è stato più da ulisse che da persona reale. 5 treni, 15 ore di viaggio. Si comincia con una piacevole sveglia alle 6 con conseguente telefonata ai taxi durata 5 minuti perchè pareva che il mio indirizzo non esistesse. Quindi taxi, poi pullman alla stazione. Poi treno: Aix-Nizza. 3 ore. a Nizza 1 ora di attesa, poi treno Nizza-Ventimiglia. Poi 2 ore a Ventimiglia che, con tutto il rispetto, è una terra di mezzo praticamente inutile. Binario, poliziotti, biglietteria. Due ore a fare finta di telefonare per parlare almeno ipoteticamente con qualcuno. poi Nizza-Genova, che sono altre 2 ore e arrivi che fa buio e il treno dopo, ovviamente, ritarda di mezz'ora. Per cui, dopo altre 2 ore e mezza in treno arrivi a casa distrutto, pallido, sporco, dimagrito. ed è notte. normale, per 600 km, no!?

lunedì 10 novembre 2008

festa?

Dovete sapere che oggi qui è festa. Una seconda domenica. Non ne bastava una. No. Ieri-oggi-domani. Tre domeniche, un dramma! Domani poi finisce ufficialmente l'estate nel paese zingaro qui vicino e credo faranno danze e canti, a cui noi non riusciremo mai ad andare perchè saremo in ripiglio post domenicale. O post festa. anche. Si perchè compie gli anni l'amica di Olanda, oggi. Si prospetta una gran festa, oggi.
Prima di tutto qualcuno voleva organizzarle una festa a tema anni '70 ( che fa molto Mamma Mia! come siamo avanti noi Erasmus). Ma la sua risposta è stata "la festa è mia, decido io". Ho pensato che forse potrei vestirmi da Balilla, giusto per il mood despotico della ragazza. Alla fine però, giusto per contrastare qualsiasi tema o decisione o, abbiamo deciso di optare per un abbigliamento natalizio-capodannesco, con vestito di lamè d'argento, un po' fata trilly ma sicuramente ridicolo e farà schifo a tutti, per cui adatto più che mai all'occasione! Potrei in qualche modo almeno tentare di essere più simpatica, lo so.
Questi giorni si stanno destreggiando tra il nulla più totale. Una specie di bunker, rue venel. E noi ben felici di questa prigione. A momenti alterni c'è una con le cuffie nelle orecchie che canta a squarcia gola, mentre l'altra osserva basita sbattendo le ciglia. Si mangiano quantità imbarazzanti di Parmigiano Reggiano, si bevono litri di vino rosso, bottiglie di Diet Coke e i 3 depuranti litri di acqua giornalieri. Viviamo di pigiami, tute, leggings, calze, pantofole e coperte. Tra il letto e il tavolo, tra il tavolo e il letto. Circondate da libri, riviste di moda e macchine fotografiche. Assuefatte di commedie romantiche serali, che guardiamo post cena con tortino di formaggi e di verdure e vin rouge. Nessuna si lamenta. E non azzardatevi a pensare che sia anomalo come Erasmus; siamo fuori età, noi. Pure un po' più vecchie del solito ultimamente. Abbiamo una casa che profuma di rose e detersivo per il bucato... vista le media di tre lavatrici al giorno. Che non si capisce neanche come facciamo a sporcare così tanta roba visto che ce ne stiamo in letargo praticamente sempre.
Qualche giorno fa abbiamo anche fatto l'incontro con un medico francese. Ricard, Gerard... je ne sais pas.
Il fatto è stato che dolori lancinanti hanno colpito la mia amica, per cui, che si fa? Non si fa mica tanto da sole, perchè vabbè che io sono l'ipocondria con le gambe e conosco a memoria tutta l'enciclopedia medica, però non è che posso abusare di potere, ecco. Quindi cellulare alla mano sono stati rintracciati tutti i medici o pseudo tali di nostra conoscenza. In Italia, chiaramente. Liste di principo attivi e medicinali da spiattellare in faccia a farmacisti francesi che, prontamente, al momento opportuno ci hanno ricordato che ci vuole la ricetta medica. io credo comunque fossero impietositi. Due italiane, di cui una uscita in calza maglia e l'altra che saltellava dal dolore, senza la minima idea di cosa fare nè dove andare. Secondo me potevano fare un'eccezione, ecco. Comunque ci hanno mandate da questo dottor Ricard/Gerard che ha scaraventato sul lettino Simo mentre io osservavo in silenzio, messaggiando e mangiandomi le unghie. Ho fatto la figura dell'amica menefreghista, lo so. Ma cosa dovevo fare? Potevo effettivamente fare almeno il gesto di alzarmi e con aria drammatica tenerle la mano inducendomi occhi lucidi con le ciglia. Ma non mi sembrava il caso. Per cui abbiamo ottenuto la ricetta, ci siamo fatte un amico medico ultra sessantenne il cui studio è giusto dietro a casa nostra e siamo molto più tranquille ora. Anzi, visto che visita e prescrizione costano solo 25 euro la prossima volta ci andrò io da Ricard/Gerard, così, giusto per stare tranquilla.
Adesso la seconda domenica aixose sta già raffreddandosi di sera. Chiaro segno che non è vero che l'estate finisce domani, perchè se alle 4 del pomeriggio il sole tramonta già vuol dire che siamo quasi in inverno. E io dovrò affrontarlo con tante calze e tanta musica nelle orecchie camminando, visto che la mia Luna è volata nel cielo. Non è giusto.

sabato 8 novembre 2008

Mano sul cuore

Un momento di silenzio.
é successo l'irreparabile.
Luna, la mia amata bicicletta blu, è stata rubata. Probabilmente la sparizione risale alla nottata di ieri o alla giornata di oggi. Non ci sono segni di violenza sul paletto a cui era legata, non sono rimasti brandelli di catena nè tanto meno tracce o segni distintivi del malvivente che ha effettuato il furto.
Luna era una bicicletta piuttosto vecchia. Si caratterizzava per essere a righe blu e azzurre; era un ciclo di quelli che oggi non ne fanno più di così belli. Aveva un cestino nero davanti e un campanello blu. Purtroppo un paio di giorni fa si erano rotti i freni, ma qualche acciacco in età avanzata è più che comprensibile e perdonabile. Probabilmente era provata dalla pioggia che, gelida, si è abbattuta su Aix nei giorni scorsi.
Piangiamo la scomparsa di una biciciletta davvero speciale, che ha sopportato un viaggio lungo pur di non abbandonarmi qui.
Luna, ti ricorderò per sempre

biblioteche e archivi

Forse non ho capito bene io. Cosa che in un certo senso spero. Perchè già lezione il sabato mattina è più un trauma che altro, poi seguire 3 ore di corso sul fatto che "le ricerche si fanno in biblioteca", oddio, non mi sembra proprio serio. Voglio dire, mi sentivo in mezzo a degli automi. Questo professore che ha deciso bene di essere la chiave di volta dell'intera lezione, quindi di mettere se stesso al centro di ogni esempio, di ogni discorso, di ogni argomento. Un po' eccessivo. Lui che vomitava nomi di riviste e tutti a segnarsele, come se, mi sembra ovvio, poi corressero a cercare riviste specialistiche di storia spagnola. In vendita in Spagna, chiaramente. Io guardavo, e mi domandavo: bisogna veramente essere laureati in triennale per sapere dove si recupera il materiale per una ricerca? Bisogna che un uomo in panciotto blu venga a specificare a ventenni figli della tecnologia, pronipoti di Bill Gates che "non sempre le risorse internet sono affidabili". E tutti a scrivere. Oro colato. Spero a questo punto di non avere capito niente io.
UniProvence a parte, oggi finalmente è tornato il sole a Aix! Il cielo è azzurro, pallido, ma azzurro. All'ombra fa freddo, alla luce ci si spoglierebbe volentieri.
Ormai anche il romanticismo di questo posto fuori dal tempo si sta affievolendo. Diciamo che l'intolleranza sale. L'erasmus viene troppo mitizzato, o forse siamo noi che siamo fuori età, comunque è vita. O meglio, sono arrivata a conclusione che vita si, ma non la mia. Non potrei mai vivere con gente così lenta. Sono lenti. Tutti. Hanno la calma del surfista, la velocità del bradipo, lo spirito di un sordo muto. Entri in un negozio e stai pur tranquillo che ci sarà fila alla cassa e che la commessa sarà totalmente incurante di questo. Monetin per monetina ti darà il resto, poi si soffierà il naso, poi guarderà attonita la cassa ( questa sconosciuta) in attesa che sputi lo scontrino. Che tanto il più delle volte non ti darà nemmeno.
L'unico luogo puntuale qui è l'università. Una banda di 13000 scappati di casa che ciondolano minacciando scioperi e incutendo terrore solo all'idea. Pavimenti marci. Bagni in condizioni più che pietose. Ma: il quarto d'ora accademico non sanno neanche cosa sia. Il professore entra in classe più puntuale di un eclissi e inizia a parlare a macchinetta dal momento in cui il suo primo piede ha calpestato il pavimento dell'aula. Chiaramente le classi sono delle trappole per topi, piccole e puzzolenti, dove per sedersi spesso bisogna fare il gioco della sedia, che quando si spegne la musica se non trovi una sedia sei fottuto. Immaginatevi quindi il trauma di entrare in aula alle 14.03: porta che cigola, professore che non smette di parlare ma ti guarda, 32 indigeni che ti fissano per qualche secondo con l'aria sfottente di chi è già lì seduto e tu che come un pirla ti destreggi tra l'imbarazzo del ritardo e il dubbio del sedersi per terra-sulla cattedra- in braccio a qualcuno o recuperare qualche seggiola marciscente in altre aule. Una caccia al tesoro.
Questo è. Almeno entrano sole e musica. Rue Venel è pulita, noi anche.

venerdì 7 novembre 2008

ragazza blu torna a parlare di se

Dopo che abbiamo cambiato mese. Essere passata da uno Stato all'altro. Mentre guarda verso un'altra città che incombe. Mentre beve un bicchiere di vino rosso in un bicchiere di vetro delicato. Mentre nuvole e pioggia raffreddano la mia Francia. Mentre mezza sigaretta si secca in un posacenere nero.
Ho fotografato e respirato. Ho ballato. Ho sorriso.
La casa di Rue Venel è più calda di un camino e ci si impigrisce sempre di più. I muri si sono riempiti, i pavimenti sporcati, le lenzuola lavate. Il bagno, dopo due settimane di agonia, ha ripreso oggi le sue complete funzionalità. L'acqua ha di nuovo una temperatura apprezzabile. Il fatto è che il plombier fuggiva. O meglio, arrivava, stava qualche dozzina di minuti a imprecare smontando pezzi di soffitto e sporcando ovunque, poi usciva. "Torno subito" diceva. Oppure "torno alle 3". oppure "ci vediamo domani mattina". E scompariva nel nulla. Per ore, giorni. Senza avvertire. In compenso sappiamo tutto della sua famiglia, di sua figlia, dell'università di Lione. Oggi abbiamo visto anche il suo cane. Si perchè è normale, no, che un idarulico che già arriva con 1 ora e 40 di ritardo si presenti accompagnato da un piccolo essere nero abbaiante?! Questo è stato. Ma nonostante le diverse tonalità di intonaco che ora impiastricciano il sopra della nostra doccia, abbiamo una doccia!
Aix si sta riempiendo di luci di Natale, ma nonostante questo, la gente gira ancora in maniche corte. Qui l'estate finirà martedì prossimo, c'è ancora tempo per le caldarroste.

martedì 28 ottobre 2008

giusto per precisare

oggi allarme incendio all'università.
Dicono che sia andato a fuoco il terzo piano. Dicono.
Pompieri, evacuazione.
Siamo tutti vivi.

ragazza in gabbia con valigia in mano


Pare che qualche strano allineamento astrale continui a inviare i suoi fulmini sinistri proprio qui. Sulla mia testa. Su di me che, da sola, cerco di fare compagnia alla casa. E viceversa. Ok, scarpe dal calzolaio. Ma: è venuto il tanto atteso plombier. Tanto per cominciare è arrivato senza suonare il campanello. Ha scalato la torre di Londra del mio palazzo dai muri greci e me lo sono ritrovato che bussava alla porta. Toc-Toc. "oui?" "le plombier, madame". Non è stato rassicurante dal primo momento. Sarà perchè è entrato ed è andato sparato in bagno e nel giro di trenta secondi era già che diceva "merdePutaineMerdePutaine". In tutto questo, io ero stata presa da rigurgiti nostalgici-emotivi per cui me ne stavo singhiozzante cercando di fare finta di niente. Allora, immaginatevi la scena: questo povero idraulico in un bagno di 1 metro per uno che cerca di capire come mai uno scaldabagno incastonato nel soffitto rigurgiti acqua gialla mentre la ragazza che dovrebbe stare attenta a quel che succede se ne sta a piangere in italiano seduta sul letto. Alla fine, lui parlava da solo. La tragedia è successa quando in uno scatto di ingegno, carcando di raggiungere in un sol balzo il pannello con l'interrutore generale, il plombier è inciampato, per cui oltretutto me lo sono ritrovata lungo disteso in mezzo alla casa che bestemmiava in francese. E io che piangevo. E cosa dovevo dire? "ça va? ça va?". questa è scema, avrà pensato. Bene, dopo 10 minuti di bestemmie e autopsia accurata della carogna, la diagnosi è stata: le chauffe eau est cassé. Il faut le changer. Traduco: scaldabagno rotto, bisogna cambiarlo. E io aggiungo: cazzo. Il fatto è che lo cambieranno la settimana prossima! per cui io ormai mi sono convertita alla moda di calderoni e spugne e getti ghiacciati, si, ma non è che sia proprio salutare e piacevole, ecco. Aggiungiamo che per una lampadina che cambio, un'altra si brucia; e che gli elettrodomestici vivono di una propria autonomia: ieri, tornata a casa dopo l'università, ho trovato la cappa accesa. Così. Perchè le andava. Why not?
Mi sveglio col sole, e ora le nuvole, domani è mercoledì, certamente pioverà. Fatto sta che le amicizie si allargano e oltre alle tonnellate di italiani, all'olandese e agli spagnoli, ora si sono aggiunti un francese e qualche inglese. Causa del plurilinguismo. Più che il francese, che non ha particolari evidenti stranezze, mi soffermerei sul britannico. Britannico di Bristol, per la precisione. Ma con nome italiano. Molto italiano. "Nice to meet you" risposta "Ciao, come stai?" con marcato accento milanese. Ora, sei sicuro di essere proprio proprio inglese?! Sfodera un inglese oxfordiano, rotondo e perfetto, di quelli da accademia, da videocassette Hello English, da esame di ammissione alla corte dela Regina Elisabetta. Ok, niente dubbi. Mezzo italiano, mezzo inglese. Il suo italiano, per quanto perfetto, ha un problema. é solo in vezzeggiativo. Tipo: "mangiamo il risottino con i gamberettini?" oppure "andiamo a bere una bevandina, simonettina?" oppure " devo prendere il caschettino per la vespettina" oppure "andiamo con la macchinina?". E via. Fino al fastidio. Bene, il ragazzo, a guardarlo, lo si scambierebbe certamente per il protagonista di qualche telefilm cult per teen agers, tipo O.C. o Dawson's Creek. Oppure, la descrizione più azzeccata è che potrebbe essere il terzo Sonhora: prendete i due sonhora, uniteli insieme e ottenete il mio amico. Ciuffo perfetto a qualsiasi ora del giorno. Sorriso smagliante, occhio languido. Non si sa bene perchè, ma ha deciso di comprarsi una vespettina. Qui, in Francia. Più di 1000 euro per una vespa azzurro-puffo. Bellissima, senza dubbio. Ma la domanda poi è: come ci torna a Bristol, con la vespa?

Per evadere alla domenica aixoise noiosa e pigra, abbiamo deciso di andare a La Ciotat, sempre con la nostra Cartreize domenicale. Festa storica: 1720. Tutti pirati. Tutti. Io mi sentivo decisamente fuori luogo con la mia maglia "little miss sunshine" e i jeans trendy. Ero già pronta a spogliarmi e travestirmi da Jack Sparrow, o magari da Keira. O da pappagallo. Beh, poco importa. Ero veramente dentro alla Maledizione della prima luna. Un sogno. Cannoni che sparavano, ubriaconi con denti marci che urlavano, impiccagioni in piazza, streghe, danze, fate e fatine. Paglia per terra e velieri in mare. Senza calcolare i 30 gradi di temperatura, il vino a 1 euro e le frotte di bambini che correvano e saltavano come ossessi travestiti da marinaio spugna. Per amalgamarmi un minimo al mood piratesco ho comprato una spadina di legno e dei campanellini da appestata. DlinDLinDlin, ogni volta che mi muovevo.
Tornata a Aix, l'incanto era già finito.
Il dramma del giorno è però che sono intrappolata qui, in questo scorcio di mondo senza tempo. Vorrei tornare qualche giorno a casa, ecco. Ma come? Pullman? Treno? Viaggiare di notte insieme agli scarafaggi? oppure partire alle 5 del mattino da Aix, andare a Nizza, arrivare a Milano alle 15 e prendere il treno per casa? tiro i dadi, lancio la moneta, e decido.
Male che vada, farò l'autostop.

venerdì 24 ottobre 2008


Mascherina ROsa


mentre dormo. Ho comprato una mascherina rosa molto Paris Hilton da tenere sugli occhi mentre dormo. In camera mia c'è troppa luce. Belle le mie tende. Ma completamente inutili. Mi sono svegliata che stavo soffocando perchè anzichè coprire gli occhi, copriva la bocca. Ma il problema non è stato tanto quello, al risveglio. Madama Dorè, mille cinquecento trè. Io, quindi.
Ieri che la mia metà casalinga è partita, la casa si è ribellata al sistema. O è sempre il solito fantasma che si diverte così. Stanotte dormo da sola e ho una paura fottuta: chissà quali piacevoli sorprese mi riserverà. Comunque. il risveglio è stato prendere più tempo possibile per evitare quel momento. Quello di entrare in bagno. Ieri infatti la lampadina del bagno si è trasformata in nana bianca e io ho dovuto fare una sorta di corteo funebre di candele. Contando che il mio bagno è largo si e no un metro e che è pieno di cose, è un miracolo che non sia andato tutto a fuoco. Quindi partiamo dal concetto medievale di "illuminazione a cera". Seguito però da quello di "lavarsi nella tinozza". Ieri, sempre perchè la piccola disorganizzata è rimasta sola, lo scaldabagno ha deciso di andare in letargo. Acqua gelata. Quindi? quindi bollitore e pentolone sul fuoco per riempire una tinozza che mi arriva si e no ai polpacci e improvvisare un pediluvio, più che un bagno. Saponetta, qualche getto di ghiaccio dal doccino e testa sotto al lavandino artico. In effetti ho i capelli molto più lucidi del normale, non era una leggenda. Ho finalmente capito perchè negli ultimi 200 anni il bagno è diventato il posto più cool della casa. Comunque il problema della luce è stato risolto. Comprare una lampadina non è poi così complicato. Ma chiamare il plombier è un momento difficile che dovrò affrontare domani. Forse mi aspetta un week end di tinozze. Ho paura.
A preparazione ultimata la piccola e instabile disorganizzata fille italienne decide di bere un caffè, senza calcolare che la sua scoordinazione congenita a volte crea qualche problema: infatti. Tazza vola per terra, caffè di conseguenza impiastriccia il pavimento. E non sto parlando di caffè espresso, ma di lunghissimo caffè americano; non di tazzina, ma di mug. Plic-plac.
Esce di casa, finalmente. E… la suola si stacca dallo stivale. Torna indietro, cambia scarpe ma à la fac ci va a piedi, che è meglio. Ma siccome le disgrazie non vengono mai da sole e la giornata sembrata tempestata di maledizioni, la putriderrima università di Provenza ha problemi idraulici (anche). Niente acqua. Niente acqua= niente caffè ne alle macchinette ne alla caffetteria. Niente acqua= niente bagni funzionanti. = fetore mefitico. Il consiglio è: contattare un esorcista al più presto.
Nel frattempo è arrivato l’autunno. Tiepido, ma è arrivato. Il cielo si è incupito e l’aria inumidita. Fioccano maglioni e si ritirano le ciabatte. Ma Piedi Scalzi, sempre a piedi scalzi è. Ed è sempre più in forma, oltre tutto. Mentre io starnutisco.
A lezione le classi si restringono sempre di più, ma Perez parla lo stesso. E io lo ascolto. Parla di amore e di politica. Di romanzi e di quadri. Recita e racconta. Gesticola e osserva. Io ascolto, non senza perdermi tra i pensieri. Ma comunque mi sento sempre più dura e sempre più pura, un’ eroina di qualche storia inesistente. Beh no, non inesistente, non del tutto almeno. Comunque se da una parte l’ignoranza impazza, dall’altra scopro ogni giorno similitudini. Adesso con Flaubert, che non è che sia proprio proprio il primo sfigato di passaggio. Ambiziosa la ragazza… ma è la follia che accomuna. Comunque il signore non era proprio tanto normale, a quanto pare. È un artista, ok, ma un poco di sacrosanta pazzia va riconosciuta. E menomale. Comunque, lui aveva questa passione per i dettagli. Per le descrizioni dei piccoli particolari. Fantastico! Anch’io! Mi ci perdo in queste minuscolezze. Forse perche le racconta Perez, con tutte quelle liasons che lo caratterizzano… a parte questo, avevo progettato una tranquilla serata casalinga. “no, no stasera non esco”. Dopo la lezione mi sentivo così colta e romantica che volevo passare la serata in pigiama a leggere, guardare film in francese e studiare fotografia. Ma…. L’amica olandese, perché no, ha deciso di mangiare chez moi! E quindi noodles in due, curry, salsa di soya e zucchine. E chiacchere in un francese contraffatto. Lei con i suoi pungiglioni verbali, io con il mio minetrsone trilingue che-non-ci-capisco-niente-nemmeno-io. Tipo: “eh beh oui, davvero, it’s better comme ça”. Pardon?
Mi sto tutt’ora chiedendo che cosa ci siamo raccontate. Un discorso tra sordo muti conclusosi con la domanda: ma perché non ci siamo parlate in inglese?!

mercoledì 22 ottobre 2008

sempre di mercoledì

22 ottobre batte 8 ottobre. Acqua ovunque. Le ruelles ormai sono dei canali, altro che pioggerellina. Si vede lo spessore delle gocce, si potrebbe calcolarne il diametro, misurare l'intensità dello schiocco sulla strada. Splash. E io guardo dalla finestra. E i piccioni che ( maledetti) popolano il mio campo visivo si appallottolano come gomitoli di lana grigio-blu. Lana. Ma qui non è ancora inverno. Anzi. Pioggia a parte, sembra ancora settembre, se non fosse per il profumo dell'aria. Niente cornucopie di foglie gialle sui viali, semplicemente perchè qui non ci sono viali, ma le foglie cadono lo stesso dagli alberi. Niente cappotti ancora, ne guanti. Ma odore di autunno, di quando viene voglia di accendere il camino, mangiare le castagne e mettersi sotto una bella coperta arancione. Possibilmente a quadri, possibilmente di lana pesante.
Bene, questa casa è un delirio. Oltre che porto di mare di un'isola centrale, ergo attracco ideale per chiunque. Cose e persone, piatti perennemente da lavare. E poi, cosa ben più problematica, sta su per grazia divina, Ogni giorno un danno. Dunque, il secondo giorno di permanenza aixoise la libreria (palesemente dell'ikea) ha deciso che 5 ripiani erano troppi. Quindi uno si è suicidato facendo cadere libri su libri. Poi il dramma idraulico della lavatrice vomitante, come già raccontai. Poi in questi giorni il fantasma. Cosa che per altro io avevo sempre sospettato. Ma comunque qualcosa dovrà pur averlo fatto incazzare sto fantasma, perchè si scatenasse così! Cose ce cadono da sole. Rumori notturni(che potrebbero però benissimo essere quelli del palazzo di fianco, visto che i muri sono di carta). Ieri mattina mi sveglio con una coinquilina blaterante e errante per la casa completamente buia. "è saltata la corrente è saltata la corrente". buio pesto. La reattività del mattino è nulla, quindi ho aspettato a letto. E luce fu. Ma, il blaterare è continuato con "c'è una perdita in bagno". Acqua dal soffitto, per la precisione. L'acqua. Una giornata di catino sul pavimento a raccogliere un plik-plik intermittente. Io comunque penso che sia tutta colpa del fantasma del film. La Frontiere de l'aube. Dai c'è Louis Garrel, dobbiamo vederlo per forza. In bianco e nero, con dialoghi che erano più un blaterare a bocca piena che altro. Questi due amanti, lui figo, lei no. Si amano, si lasciano, lei impazzisce e muore e il suo fantasma porta Louis Garrel al suicidio. Questo almeno è quello che ho capito. Perchè avrei potuto pure guardarlo in bulgaro che avrei capito tanto quanto. C'è però da dire che mi sentivo assolutamente dentro a The Dreamers, guardando film d'essai in bianco e nero nel cinema Mazarino, con altri 8 pirla che come me cedono al profumo di arte o pseudo tale.
Poi questi film concettuali dove tutti bevono scotch o simili e fumano con l'occhio mezzo spento e la testa inclinata sono poco educativi. Insomma. Chi vedendo Louis Garrel con la sigaretta in bocca sfumacchiante resiste poi al fascino del tabagista? Nel frattempo i miei dialoghi in italiano si stanno restringendo sempre di più. Per fortuna. Ora devo solo imparare il francese, poi è tutto perfetto. Le serate si caratterizzano per un'alternanza francese-inglese, una parola in inglese, una parola in francese, e via, finchè poi non ci capisci più niente. Con questa altalena linguistica domenica siamo andate in gita a Cassis. Un porto formato cartolina ma fottutamente romantico. Ancora prima di andarci, rincoglionita da racconti e piuttosto influenzata da foto e articolo su Marie Claire, ancora prima di andare ho pensato che l'uomo che mi porterà a Cassis poi lo sposo. E già mi immagino col mio bellissimo vestito nero da Marilyn a giurare amore eterno, a chi, non si sa. Bello pensarlo. Quindi questo paesuncolo super inflazionato da turisti è un meraviglioso squarcio d'estate a mezz'ora da Aix. Aix pioggia, Cassis sole. Aix caldo, Cassis freddo. Anche se il vento di mare non si può definire freddo in realtà. e' vento di mare e basta. Salato e brillante come le onde.
La pioggia non accenna a smettere e i deliri della gente crescono di conseguenza. Tanti pazzi, tutti metereopatici. Urla e schiamazzi per la strada. Ora silenzio, forse sono affogati tutti.

mercoledì 15 ottobre 2008

Simona Francesca Aix en Provence

scrivo con i putridi tasti di un putrido computer della putrida biblioteca della putriderrima università di Aix. Precisiamo che la tastiera è diversa e quindi ci sto mettendo ore perchè continuo a schiacciare cose sbagliate. perdonate errori. saro breve e furtiva perchè non so se questi computer sono solo a uso didattico, fatto sta che auella di fianco a me stava comprando vestiti on line... io almeno mi dedico a attività socialmente e culturalmente utili: facebook e il mio blog. Poi ,i aspettano 3 leggere ore di spagnolo, e tornero a casa a notte inoltrata. Qui gli esami spuntano come funghi e io faccio scoperte sempre piu terrificanti ogni giorno che passa; ultima delle quali giusto stamattina quando sono andata scrupolosamente ad accertarmi che il mio corso di spagnolo (sempre lui) valga effettivamente 6 crediti... e beh,
la scoperta è stata paralizzante: vale 3 crediti, lo stronzo. E nessuno mi aveva avvertito. E non ho alternative, se non dedicarmici ancora al secondo semestre. UAUUUUUUUUUUU.
A parte questo, ho una notizia sera presa direttamente da La Provence; e sono particolarmente contenta perchè ho la mia rivincita alla faccia di tutti quelli che ,i dicono "sei troppo cattiva con Aix" ( vedi: mia mamma). La Provence, uno dei tanti quotidiani che ometti vestiti di blu mi mettono tra le mani mentre vado in Università, dice, guarda un po', che la rinomatissima fac de lettre di Aix en Provence cade a pezzi. E c'è pure una foto che la sottoscritta aveva già lungimirantemente scattato al mio debutto aixoise. Quando si dice intuito giornalistico. L'articolo pqrla di una situazione disastrosa, come io dissi. Quindi, cara mamma, ti dirotto su www.laprovence.com per approfondire.
Aneddoto nell'aneddoto. Venerdi scorso io e le mie amiche siamo andate in questo disco-pub ( lo so che è molto anni 80 come termine, ma non saprei come altro definirlo), tale Sunset, dove al venerdi mettono musica straordinariamente anni 80. bene, ballando, ci accorgiamo che di fianco a noi si sta muovendo con fare scimmiesco un personaggio tutto assorto nel suo mondo. Probabilmente ubriachissimo. L'essere si avvicina e iniziamo a parlare e si scopre che si chiama Jean Baptiste, che sua mamma si chiama come me e poi, cosi, senza dire niente, ballando, se ne va. Noi ci ricordavamo perfettamente di lui, ma lui forse no e in questi giorni lo abbiamo visto piu o meno dappertutto.... fin tanto che, aprendo La Provence, chi mi ritrovo nella foto della università decadente??? Proprio lui, Jean Baptiste!!!
non sono stata breve, ma mi sento osservata. à plus, forse

venerdì 10 ottobre 2008

chiuduti nel cesso

E non sto parlando della super hit anni '90 (o '80?) degli 883. Ma del mio pomeriggio di ieri. Per chè se tutti andassimo in bagno sapendo di non uscirne più, tutti ci pisceremmo addosso. Oppure non so che alternativa si troverebbe. Però devo dire che pensavo peggio: nessuna crisi isterica o attacco di panico, nessun urlo da parte mia. Niente. Inquadriamo la vicenda. Sono uscita da due ore di letteratura francese con un solo desiderio: fare pipì! Quindi, per la foga, non sono stata molto attenta alla manopola interna della porta. Che mancava. Faccio per aprire. Niente. Cerco di far scivolare il listello. Niente. Do qualche calcio. Niente. Mi tolgo due forcine dalla testa: una la uso io per scassinare da dentro, una la usa Simo per scassinare da fuori. Niente. "nei film funziona". Si perchè in tutto questo, fuori c'era Simo carica come un asino, e a un certo punto, dopo più di 20 minuti che io ero chiusa lì, dopo aver telefonato a tutti i nostri amici e parenti, l'unica decisione possibile era chiamare la sicurezza! In due sono arrivati. E io che nel frattempo mi sono arrampicata sul porta carta igienica per vedere cosa succedeva fuori. in due. Uno basso, uno magro. "è vestita?", mi chiedono. Beh contando che ero chiusa nel bagno da mezz'ora, la pipì avevo finito di farla già da un po'. A questo punto, quello più basso, che era vestito con tuta blu catarinfrangente ha iniziato a scuotere la porta per scardinarla. Tentativo fallito, di nuovo. Allora è successo che io mi sono abbarbicata sul water ( si, lo so, che schifo, ma non ho toccato niente) e spiaccicata contro il muro mentre l'uomo basso vestito da csi diceva al walkie talkie " sfondo la porta sfondo la porta". Un eroe. Mi stavo già immaginando la scena: cicloni di polvere e io con la faccia coperta dalle mani e il mio eroe che mi porta fuori dal bagno tenendomi in braccio mentre fiumi di persone attendono l'evento applaudendo. Sarei diventata sicuramente l'idola delle folle aixoise. Purtroppo però il mio eroe era un nanerottolo di un metro e cinquanta, con le spalle larghe come me. Praticamente era me con una tuta di csi e senza capelli. Mi sembra ovvio che io non sarei mai stata in grado di sfondare una porta. Quindi l'altro, con agile mossa, ha scavalcato il muro ed è balzato nel bagno, mi ha fatto da gradino con le mani e io mi sono ritrovata a cavalcioni tra due cessi, con due sconosciuti francofoni che mi dicevano di glisser giù dal muro. L'uomo ragno. La mia poca agilità mi ha fatto rimanere appollaiata a cavalcioni per qualche interminabile minuto. Senza la minima voglia di saltare giù, che se va male mi rompo la testa e morire nel bagno dell'Università di Aix non lo vuole fare nessuno. Piena di polvere, con uno che mi spingeva da una parte e l'altro che cercava di tirarmi giù di peso dall'altra. Insomma, alla fine, dopo tentennamenti vari sono scivolata a modi sardina giù dal muro. Sembravo Gatto Silvestro. Mi sono tolta la polvere di dosso, ho starnutito, ringraziato e sono andata via, di corsa. Non farò mai più la pipì in università! anche perchè se mancano i soffitti, le manopole delle porte dei bagni sono innezie, no!?

mercoledì 8 ottobre 2008

feliz compleano

Succede anche a me. E infatti stamattina mi sono svegliata con delle bellissime borse e zampe di gallina sotto gli occhi nuove di pacca, primo regalo del mio 23 esimo anno d'età. O forse saranno state le lacrime notturne. Mi sono commossa, non ci posso fare niente. I compleanni ( il MIO compleanno, nella fattispecie) mi toccano sempre molto. Per cui ho versato qualche lacrima. Anche se io in realtà piango sempre. Appena possibile inizio a piangere come una vite tagliata. Piango se guardo Tre metri sopra il cielo e se ascolto Ti scatterò una foto, di Tiziano Ferro. E forse questo è il peggio. Ma piango anche se ascolto i Cure, o gli Smiths, o le Spice Girls. Piango perchè mi ricordo le cose, e anche se sono bei ricordi piango tantissimo. Anzi, se sono bei ricordi ancora peggio. "Don't cry because it's over, but smile because it was so wonderful" mi scrissero dopo una vacanza, su una smemoranda penso del 2000. Un cazzo. Appena ho letto la dedica ho iniziato a piangere ancora più di prima. Piango per i biglietti di auguri, per i sorrisi, per i vecchietti molto vecchi ( e per le vecchiette molto vecchie, per par condicio). Ho pianto quando è morto il papa, quando è morto Enzo Biagi ma il fatto è che probabilmente piangerei anche se morisse Berlusconi, nonostante tutto! ( e con questo non voglio avvicinare i personaggi. Lungi da me). Piango se vado a un concerto, piango a salutare le persone, piango se mi dicono cose belle. Insomma, piango. Quindi il fatto di piangere il giorno del mio compleanno per auguri a distanza e messaggi più o meno strazianti e nostalgia canaglia, diciamo che mi sembra il minimo. A prescindere da discorsi lacrimevoli, il mio compleanno è sempre stato il giorno più importante dell'anno. Per quel che mi riguarda. Ho sempre fatto il count down a partire da aogsto, plurime feste ( con amici, amici estivi, amici intimi, morosi, famigliari, compagni di classe, ecc), e se vedevo gente anche sconosciuta per strada con dei pacchetti regalo, ero convinta che fossero doni per me. Sono fanatica. Quini secondo me il mio compleanno è un giorno sabbatico. Quest'anno è stato molto anomalo. A cominciare dal fatto che per la prima volta nei miei 23 anni di storia, non l'ho trascorso nel circondario di casa mia. Precisiamo poi che oggi sembra di essere a Londra. O in qualche tempesta tropicale. Da stamattina non ha mai smesso di piovere. Anzi, va aumentando. Penso di aver visto così tanta pioggia solo ad Alghero l'anno scorso quando sono stata la 3 giorni (3, non di più, i miei primi 3 fottuti giorni di vacanza) e i tombni sono esplosi per la troppa acqua e la città era inondata. Qui, lo stesso. Cioè, nessun tombino strabordante ma cielo plumbeo e litri d'acqua che inutilmente scendono a vagonate dalle nuvole. Oggi. Domani sicuramente ci sarà il sole. Ma oggi che è il mio compleanno no, pioggia e solo pioggia.
La mezzanotte è scoccata un attimo dopo che ho fatto la pipì. Compiere gli anni in bagno non sarebbe stato bello... dopo di che, ho soffiato su una candelina verde incastrata in un pasticcino all'uvetta e scartato il primo regalo ( con relativo biglietto strappalacrime di mamma e papà). Poi, nella notte, qualcuno ( Simo e consorte) ha trasformato l'appartamento di Rue Venel in un qualcosa di favolesco. Mi sono alzata stamattina in un meraviglioso mondo di palloncini multicolor e striscione turchino con scritto "auguri piccola fata blu". E piange. E ho soffiato su una candelina rosa ficcata in una focaccia d'uvetta. Poi mi sono stirata i capelli e truccata perchè per il proprio compleanno bisogna essere belli. Sono andata in università e per cercare una fottutissima aula di corsa con la cuffia in testa e l'umidità a 8000 ho iniziato a sudare come se fosse ferragosto. Per cui alla fine trucco e parrucco sono andati a farsi fottere e, diciamocelo, non è che uno guardandomi in faccia oggi, con matita colata, capello ispido e faccia paonazza e incazzata dalla pioggia gli potesse venire in mente che è il mio compleanno. Però è bellissimo tutto ciò. Mi sento piena di amore e gioia, distribuirei baci a destra e a manca, tanto sono felice. Sarò una bellissima ventitreenne con il cappotto rosso e le scarpe rosse. Voglio bene a tutti! Stasera festeggio, mangio bevo e faccio un pigiama party con le mie amiche (che fa molto look at me I'm Sandra D.). Mi spazzolerò i capelli e andrò a letto sorridente. O probabilmente piangerò perchè sarà già passata la mezzanotte...ergo, sarà finito il mio compleanno.
Special thanks agli inventori di facebook. Non mi sono mai sentita così amata.
Special thanks alla Simo.
Spacial thanks a mamma e papà.
Special thanks a chi l'anno scorso con questo tempo ha rischiato la morte per infiocchettarmi di rosso una magia.
Special thanks ai miei due idrogeni, che convergiamo anche se siamo in tre continenti diversi.
Special thanks a me.

lunedì 6 ottobre 2008

Bum bum bu. Tic tac. Sotto il pavimento. O dentro allo stomaco. Che è inspiegabilmente vuoto.
Nella gola. Non sto per morire. Anzi. Più viva che mai. Anche se mi tremano le mani.
Le sorprese dell'università. Oggi una conferenza inaspettata, ma sicuramente gradita. Marcello Fois. Non tanto il libro, ma quello che ha detto. Perchè non sarò mai una scrittrice, a quanto pare. Che piccola che ero davanti a quelle tante parole. Piccola e pure un po'ignorante. Così mi sono sentita. Bisogna camminare tanto, studiare tanto, leggere tanto, impararsi tanto. Non è tanto l'originalità, non è tanto l'ispirazione. E'. Memorie del Vuoto.
Lui che parla in italiano, il professore italiano che ha introdotto in francese, la traduttrice che traduceva in francese, l'altra intervistatrice sarda che intervistava in francese, poi, in un attimo di consanguignità (perchè anche Fois è sardo) ha iniziato a domandare in italiano-sardo. Che casino.
A parte queste 3 ore di parole poetiche. un'ora e mezza di francese. Partendo dal presupposto che la mia povera Luna è rimasta per il week end in università, che quindi sono andata a piedi e che, povera lei, ha una gomma completamente a terra. Ergo anche il ritorno si è svolto a piedi, con me che trascinavo una carcassa blu a pedali. Loffia. Impolverata.
L'andata, intanto, con caffè avant le cours e un cours terroristico con questa piccola madame Martine. Piccola ma cattiva. Ma di una cattiveria un po' isterica, ma anche simpatica, col sorriso in faccia. Disegnate come delle scimmie, ci ha detto. E si riferiva a Congo, ovviamente, la scimmia pittrice. E settimana prossima questo scimpanzè artista sarà anche materia di compito in classe. Io mi dico.
Sono sgonfia come Luna. Mentre la luna, quella fuori che sta appiccicata nel cielo, trasuda bellezza. Anche se ne vedo solo metà.

domenica 5 ottobre 2008

vive la dimanche, ou la dimanche qui vit

Chi ha voglia di alzarsi presto la domenica? io... no! Però, bisogna approfittare del fatto di essersi levati dall'anidride carbonica italica, per immergersi in un sano ossigeno francese e visitare i beni che Dio ha deciso di concentrare nella zona in cui sono capitata. E poi, partenza alle 10 non è troppo drammatica. Ho comunque faticato. Abbiamo. Uscita a cinque, questa volta; cinque spice girls in gita a Arles. Siamo state previdenti, abbiamo fatto la CarteTreize: una figata grazie alla quale nei week end si viaggia a 1 euro. Ovviamente solo in determinate zone, e noi volevamo andare da un'altra parte, ma era ovviamente fuori dal percorso. Arles va benissimo. Saint Mairie de la mer, no? contando che in tutta la domenica ci sono un pullman a andare e un pullman a tornare, forse voler addiruttra andare a prendere delle coincidenze, sarebbe stato andarsi a cercare il freddo per il letto. Probabilmente in questo momento starei immersa nel mistrale salmastro della cittadina zingara. E invece no. Avvolta in una coperta blu, al solito terzo piano del solito palazzo della solita rue venel, racconto. Le cinque, quattro italiane e una olandese, partono. L'idea della CarteTreize non è stata geniale: tutta la gioventù posticcia di Aix ha deciso di andare a Arles oggi. Fila. Nell'attesa inquadriamo i cinque personaggi, senza fare nomi. Io. Simo. Italiana trevigiana che studia a Trieste, accento veneto imperante, parlata francese costante (anche quando tra italiani). Italiana veronese che studia a Trieste, decisamente la Melanie C. del gruppo. Olandese tipica, floride guance rosse e boccolo biondo, french speaking ma con qualche difficoltà di spigolatura. La comprensione si rende ostica, ma la lotta per la sopravvivenza prevede anche questo. E modestamente, con la mia diet coke serale in mano, posso vantarmi del fatto che, dopo una giornata con la mia nuova amica nord europea, capisco benissimo il suo francese appuntito. Bene. Nel frattempo il pullman è partito e ad arrivare ad Arles ci si mette un'ora e mezza. Dopo di che: il sogno. Sole, luce, musica, gente, profumi per strada, nessun fetore mefitico, nessuna cacca cagnesca di dimensioni imbarazzanti. Niente di tutto ciò. Anzi. Musicisti di strada che colorano l'aria di fringuellanti note fisarmonichesce, cani che ballano al ritmo di musica, padri giovani e belli che scivolano sull'asfalto con pattini a rotelle e perfette bambine bionde e paffute in braccio. Bienvenue a Arles. Una giornata a girare e giroclare tra rues e ruelles, tra turisti (italiani e giapponesi) e neanche l'aria di un museo gratuito domenicale. Anzi, solo uno. Una specie di inquietantissimo museo delle cere in cui dei santon ( bambolette tipiche provenzali, tipo presepe, che incarnano i topoi degli indigeni dei tempi passati.n.d.r.) di dimensioni umane occupavano improbabili salotti natalizi con tanto di cani e gazze imbalsamati. Uno schifo. Ma era gratis. Comunque, forse tutti non sanno che Arles era il regno di Sua Maestà Vincenzo Van Gogh! Perciò immagini e richiami ovunque. Persino il cafè ricostruzione di quello da lui ritratto. Magnifico! Ma... la Chambre de Van Gogh, quella famosissima del quadro con la sedia, ecc ( se non avete presente: www.google.com), bene, quella stanza che ci avevano promesso essere nella petite ville... non c'era. O meglio. C'era, ma rifatta e oltretutto fuori dalla città. Per cui nemmeno quella siamo riuscite a vedere. è stata semplicemente una domenica provenzale d'altri tempi, tra muri gialli e profumi romantici. Gitarella perfettamente riuscita e sicuramente perfetta perchè non smielensata da manina-manina e bacino-bacino. Di quelle cose che poi ti ricordi il posto perchè ti ricorda l'amore e piangi su marciapiedi zozzi di città magari insulse perchè perchè perchè. No. Gite tra amiche, sempre la scelta migliore. Fatto sta che le Spice Girls dovevano pur ritornare da questo posto per cui hanno preso il pullman delle quattroequaranta alla gare rutière di Arles. Travolte da un'orda di multispeaking ce l'hanno fatta a salire. E anche a sopravvivere al viaggio. Perchè l'autista era evidentemento un personaggio messo lì da qualche associazione di volontariato o smili. gentilissimo, per carità; del tipo "bonjour-bonsoir-aurevoir-merci" con tutti quelli che salivano. Però il pullman traballava pericolosamente, e non dico che sbandasse, ma seriamente che avesse degli squilibri dinamici destra-sinistra. un po' tipo andare in barca a vela. Ma questo cullarmi mi ha portata nel magico mondo dei sogni, con la mia borsa abbracciata tipo coperta di linus. Fin tanto che delle urla mi svegliano. Ed era l'autista che urlava e delle persone giù dal pullman che urlavano. Perchè volevano salire ma di posto non ce n'era. Percui era pure giusto che lui non li accettasse. E comunque dopo che siamo partiti, tra un traballamento da pullman di cartoonia e l'altro, l'autista ha continuato a urlare da solo, gesticolando, imprecando e facendo su e giù con la testolina per almeno dieci minuti. Ok. Ri-sonno. Mi cade violentemente la testa e mi sveglio. Mi volto e nella stessa condizione di rem c'è Simo con bocca spalancata; davanti a noi una ugola d'oro che ha accompagnato la restante parte del viaggio con le hit pop del momento. Per fortuna: Aix. Il suo mercato domenicale. I suoi biscotti, gioielli, chincaglierie. Avevo bisogno d'Alcool. Appolinaire, s'intende.

sabato 4 ottobre 2008

sciarpe e caffè

sembra domenica. Sono pigra e raffreddata come se fosse domenica. Non è che si è raffreddati solo di domenica, è vero, però più pigri si. Eh. Quindi il sabato aixoise è pieno di mercati, di fiori, di spezie, di profumi vaganti. E di gente, come al solito, pericolante. Stamattina una signora si lancia in un attraversamento incauto mentre passava una moto. Incidente evitato per qualche decimo di millimetro. La signora senza scomporsi ha semplicemente voltato la testa, guardato il motociclista e continuato per la sua strada. Dopo un po' non ci si fa più caso. Qui i passi vanno scollegati dalle menti. Comunque. Il mio ormai terzo ( o forse quarto?) sabato francese. Oggi passato in un'Università insolitamente deserta. Che strana. Nessun ruminare nei corridoi, nessuno scontro frontale con branchi di studenti in ritardo. Solo silenzio, appunti, caffè. E freddo. La stagione invernale ha deciso di arrivare proprio oggi a cavallo del maestrale. Alberi che si piegano, frange che si spettinano, cuffie che si infilano e giacche che si abbottonano. E nasi che si congelano. Saluto l'inverno. E lo saluto nella tranquillità più totale. Con la mente libera e fresca. Con una tazza di te caldo e un pain au chocolat, le calze di lana, la felpa grigia e la luce spenta. Che ci sarà pure freddo, ma il sole splende e si espande. Un rilassantissimo riflesso viola-blu sul muro.

venerdì 3 ottobre 2008

pavimento

Eravamo rimasti ai piedi scalzi in università. La Fac de Lettre sembra un po' una Springfield, coi suoi personaggi caratteristici, che vedi e rivedi in giro. Non si sa perchè, ma con tutte le migliaia di persone che girovagano per i corridoi, si incontrano sempre le stessa facce. O gli stessi piedi. Ecco. Sarà anche perchè uno che gira senza scarpe lo noti, per Dio! In biblioteca, anche; e nei corridoi, ancora. Fatto sta che questi stranieri hanno forse il feticcio dei piedi. Infatti, assorta tra le parole alchemiche di quel geniaccio di Baudelaire, mi accorgo che la ragazza davanti non è che fosse proprio in atteggiamento accademico. Diciamo. Arriva tardi, si siede, si asciuga il sudore con una salviettina, si pettina i capelli, si toglie le scarpe, allunga le gambe e si sdraia. Ancora una volta, nessuno si è sconvolto. Nemmeno il professore. Neanche quando, mangiando una merendina, ha tirato fuori il libro che stiamo studiando, ma in versione anglofona. Quindi anzichè Les Fleurs du Mal, lei sta leggendo The Flowers of Evil. Bah.
Stamattina però si è sfiorata la tragedia in rue venel. La lavatrice ha vomitato acqua ininterottamente da stanotte fino all'ora di pranzo quindi noi a tamponare e raccogliere bicchierate di miscela grigio-blu. Un delirio di telefonate plurilinguistiche: da Monsieur Piediscalzi (si, si chiama così veramente. siamo tormentate dal feticcio dei piedi), che abitava prima nell'appartamento; a Madame Helène, la proprietaria francese che però vive in Spagna e chi riesce a contattarla è bravo; a fidanzati vari ed eventuali che come consiglio pratico da uomo di polso, hanno semplicemente detto di chiamare un idraulico; allora le mamme, che con il curriculum di casalinghe part time sanno affrontare degnamente il mostro con l'oblò, e i papà, re incontrastati di rubinetti e cacciaviti sanno perfettamente come gestire e vincere una situazione di emergenza idraulica. Niente è servito. Già ci vedevamo nuotare tra panni sporchi e delfini. Guanti di lattice, pantaloni tirati su, ciabatte infradito a pattinare su una montagna di stracci, moci, giornali, bicchieri, secchi e bacinelle. Ma qualcuno sembra essersi impietosito. Per cui, dopo averci prese per il culo per ore, la lavatrice ha deciso di graziarci e di smetterla di sputare liquidi. Finalmente.
Adesso c'è il sole, un po' di vento e nessuna lezione in previsione. Aix non pisola ma borbotta e parlotta continuamente. E noi giochiamo a Jean Luis David, mentre una bolla di musica jazz si gonfia e dalla strada sale fino qui.

giovedì 2 ottobre 2008

ciondoli e ninnoli

Il meraviglioso ciclo blu ha i freni difettosi. O forse anziani. Luna ha una storia. C’era una volta una bicicletta grigia abbandonata. Un anno. Due anni.
C’era una volta una bicicletta blu vecchissima con cui avevo fatto tante cose. Tipo gite solitarie nella mia città. Giornate autunnali bagnate di arancione e incastonate di ricci e castagne sul vialone. Giornate invernali intrinse di umidità, spennellate di grigio urbano profumato di guanti e lana. Giornate estive abbronzate di verde e sudore. Giornate primaverili annusate di fiori, gonfie di luce. Un giorno piovigginoso la bicicletta blu è sparita nel nulla.
Dopo qualche anno, la bicicletta grigia è apparsa come una cometa. Anima stanca e sola si è addormentata sul mio cancello. Un anno. Due anni. Io l’ho salvata, in un certo senso. Adottata, addormentata nel garage un altro anno. Scartavetrata, colorata, pitturata, rigata di blu e azzurro. Rovinata di sfumature d’oro. Luce. Quindi luna. Quindi mia, per forza.
Va bene, allora questa Luna recuperata dagli inferi e portata a nuova vita… in Provenza. Solo che Luna, forse, deve ancora abituarsi alla nuova mondanità: il furore aixoise la sconvolge un poco. O forse sconvolge me. O forse è uno sconvolgimento aleggiante che impedisce alle persone di camminare con un ordine logico a governare il cervelletto. Gente ovunque, che cammina, vaga, erra con gli occhi distanti dall’orizzonte. Les Aveugles baudleriani che guardano il cielo, chissà perché. Fatto sta che i provenzali di Aix en Provence non amano avere direzioni, ignari di pericoli vaganti e pedalanti. Tipo me. Ergo. Pedali con una mano al campanello (che poi io non suono mai) e l’altra sul freno, pronto a inchiodare per evitare il dramma. Ennesima strage del mercoledì pomeriggio: anziana con giacca rossa investita da giovane ciclista italiana incauta.
Mercoledì pomeriggio, ore 16: initiation à la langue espagnole. Una classe enorme, con banchi enormi. Io un piccolo Gulliver nel paese dei Giganti. Di fianco a me l’ennesimo Luca che ha spontaneamente deciso di martirizzarsi e accompagnarmi perché-da-sola-a-lezione-cosa-faccio. Dall’altra parte l’americano Daniel. 21 enne alto e stupido. Biondo e rincoglionito.
Questo è: Luca e io ci sediamo in fondo perché lui lì cosa c’entrava? Doveva copiare appunti, non stare attento, io nonostante la sordità imperante ho pensato che la prima fila non me la sentivo, quindi va bene l’ala oscura della terzultima fila di banchi. L’americano Daniel si siede. Dietro, le allemanne Steffy e Holga, il francofono Cédric e dietro ancora la non-ben-identificata sconosciuta e la tedesca innominata. Luca tenta invano di dialogare con Holga. Afona. Luca si alza, esce e mi lascia in balia di questi stranieri poco loquaci.
La professoressa, che ancor non ho capito se francese, o spagnola, o, decide di farci fare una simpatica pagliacciata di dialogo a più voci in lingua ispanica. La tedesca Holga non ha detto una parola, solo fatto su e giù, destra e sinistra con la cabeza; l’allemanna Steffy ha partecipato attivamente con qualche risata, la non-ben-identificata si è esibita in uno spagnolo francesizzante con tanto di apparecchio in bella vista, il garçon Cédric e lo statunitense Daniel come presentatori. Uau. Daniel, grande primo uomo, si scatena in dialoghi ispanici che hanno come intercalare permanente “Francesa, bellissima”. Palese imbarazzo. Continua. Fin tanto che io in preda a crampi viscerali prendo la borsa e me ne vado. Pausa lezione. “tu pars?” “oui, je pars”. L’allemanna muta decide di parlare: “perché te ne vai?” “j’ai un cours” “ a quest’ora? È impossibile. Come mai? Che corsi? “. Un orso impiccione con baffi e maglia a righe, muta per più di un’ora e mezza, ha deciso di iniziare a parlare nel momento più inopportuno. La fille italienne, evidentemente in difficoltà, senza rispondere, sorride, si mette gli occhiali, gira i tacchi e se ne va.
Pedala, pedala, rischio angina pectoris. Salvezza di plaçe de la Mairie. Il letto al terzo piano ha quattro cuscini e 3 coperte. Un pupazzo e una superchicca. Dei campanelli sul muro, baci scattati e matite colorate. E una piccola iena stanca e addormentata tra i cuscini bordeaux.

martedì 30 settembre 2008

dicono

che gli strani siamo noi. A me almeno, lo dicono. Ma i postumi della danza mi hanno fatto dimenticare il resto della giornata.
Giri per l'università e sembra un formicaio. Gente ovunque. Sei piani di uffici, aule, bagni. Quindi, persone che calpestano a branchi i pavimenti di uffici, aule, bagni. Non sono abituata. L'intimità in cui sono solita muovermi mi permette di rimanere un po' basita. Più che altro, le stranezze convivono più o meno dappertutto. E comunque, definire "strana" una persona può suonare quanto meno poco rispettoso. Ma. Seduta in una classe senza banchi, solo scomodissime sedie di plastica con pseudo-banco-applicato le cui dimensioni dello sgabello ti impongono la scelta "o il tuo culo, o il maglione", osservavo il minestrone di foreign people all around me. E ho pensato che il primo giorno di scuola, tutti hanno la faccia da ebete. Mi è venuto in mente che l'ho pensato in tutti i primi giorni di scuola della mia vita. Ma perchè c'è nell'anima quel misto di timore e curiosità che rendono l'espressione nitidamente idiota. Nessuno escluso. Poi si arriva a una certa fascia di età in cui oltre tutto, si diventa pure un po' snob, magari fomentati dal sentimento del "tanto sono in gruppo". Per cui in terra straniera, in una classe di sconosicuti multifoni, mi guardavo in giro ebetemente sconcertata. Finchè. Finchè a lezione iniziata ( dopo che la madame alla cattedra aveva spedito fuori almeno 10 vittime perchè senza sgabello) la porta si spalanca e entrano, a circa 2 metri da terra, dei boccoli biondi. Ai boccoli biondi seguono due occhi azzurri sbarrati, e 5 o 6 denti. Sparsi. Un maglione blu con i lama e dei pantaloni di lino bianchi lunghi almeno come me, da cui spuntavano due candidi piedi. Era scalzo. A piedi nudi. Camminava a piedi nudi, come Gesù. E la cosa ancora più strana è che nessuno ha fatto una piega. Nessuno era sconcertato, nessuno era incuriosito, nessuno lo ha guardato! Per cui anche una volta finita lezione, questo hippie post moderno si aggirava per il plesso di Avenue Schumann senza scarpe. E, come mi hanno detto, sta sicura che quello campa 102 anni. Quindi, meditavo. Siamo noi che siamo abituati male? o bene? o che siamo snob o paranoici o sofisticati o igenisti o retrogradi. o cosa? Comunque nel bel mezzo di una lezione di francese ( dove ho scoperto che la scimmia Congo è una grande artista) alzo la testa e vedo una farfalla di dimensioni imbarazzanti. Chiunque mi conosca anche solo poco sa che cosa vuol dire "insetto volante" per me. E non importa che sia una farfalla, una cavalletta, una cimice, sempre di insetto volante si tratta. E a me vengono gli attacchi di panico. Per cui quando mi sono trovata in uno spazio ristretto, circondata da sconosciuti (di cui uno scalzo!) con una farfalla ogm che evidentemente svolazzava nella mia direzione ho iniziato a saltellare sulla sedia dicendo "attacco di panicoAttacco di panico". E la madame ha alzato la testa, mi ha guardato e compatendomi mi ha domandato: "mademoiselle, non avrete paura di una farfalla?!". Beh, si.
Per il resto ho marciato tra corridoi labirintici alla ricerca di possibili esami. Ma. Ma ovviamente è più complicato del presvisto. Si improvvisa. Si spera. E mamma prega... e nel frattempo improvviserò una lettera d'amore per il mio professore del cuore. Brizzolato e nasone al punto giusto che entra in aula e regala libri. Mon coeur.

lunedì 29 settembre 2008

e non ho neanche pranzato

Umiliante. Non saprei come altro definirlo. Per definire me un “foca monaca” andrebbe più che bene, ma la situazione era assolutamente umiliante.
Giornata cominciata con la solita sveglia che non suona, non si sa perché. Siamo comunque riuscite ad arrivare in tempo all’Università, tutte belle affannate e piene di borse; una borsa in particolare era decisamente di troppo: quella con il cambio per fare danza. SI, si. Qualche anno fa, quando millantavo un ruolo in squadre di calcio e calcetto varie ed eventuali, qualcuno mi chiese “ma non potresti fare danza che è più femminile?”. Bene, oggi c’ho provato. E non lo farò mai più. Tant'è che qualcun'altro mi ha esplicitamente detto "si sa che per la danza non sei portata".
Arriviamo puntuali e precise, maglia bianca e pantalone da ginnastica ma-anche-no, calzina pseudo ginnica e bottiglia d’acqua. Ci mancavano solo gli scaldamuscoli rosa che grazie al cielo non abbiamo comprato. Bene, entriamo e ci troviamo in un ecosistema di anoressia trionfante, dove le filles erano tutte bionde, alte e vestite di nero. Io col capello scuro, il mio fiero metro e 58 e i pantaloni a pinocchietto sembravo la sorella Calimero. L’insegnante era probabilmente la sorella albina e francofona di Carla Fracci. Probabilmente con la mente essiccata dall’insegnamento, è un'opzione, ma una che ti assicura che il livello del corso è “débutants” poi ti trovi davanti cavallette sgambettanti che esibiscono semi spaccate per aria, non so, forse, pensi, ti sta prendendo per il culo. Ero tentata di chiederglielo.
Io mi vedevo già attaccata alla sbarra con un tutù rosa e chignon a imparare il pliè, invece questa aringa rinsecchita ci ha buttate in mezzo a un branco di aspiranti amiche di maria de filippi, ignorandoci bellamente. Fatela voi una lezione di danza, oltretutto in un incomprensibile francese alla Roland Petit, senza aver neanche mai fatto la ruota.
Ci guardava, e ci ignorava, l'aringa. L’unica cosa che ha avuto la grazia di chiederci è stato di andare in ultima fila.
Nel frattempo sto aspettando una forse visita parmigiana, in questa assurda giornata umiliante ma divertente. Lusingante anche, da qualche punto di vista. Di acidità dovuta, meritata e fisiologica. Voleranno forse piatti da rue venel? E chi lo sa. Qualcuno ci vuole bene comunque. E la nostra casa è bellissima. Come noi.

sabato 27 settembre 2008

il sabato del villaggio

Vorrei sapere amare così ( abbiamo detto). Così come una canzone. Una canzone d’amore. Perché certe volte ascolti e certe parole ti svuotano dentro, come se poi non avessi più niente dentro. Come se, quello che c’è dentro, fosse già stato regalato. E allora ascolti, magari guardando fuori da un finetrino, che sia di un treno, o di una macchina, o di un pullman. Un pullman, nel mio caso. E intanto guardavo un amore (amore?) sbocciare. Il sabato del villaggio, quando i bambini si svegliano e aspettano. Aspettano lunedì per tornare a scuola, aspettano la domenica per dormire ancora un po’. Non sono bambina, ma il discorso vale tanto quanto. Comunque per non cadere in tratti di malinconia, è giusto raccontare di questo amore nato e cresciuto davanti ai nostri occhi, si. Perché oggi grande giorno: gita a Monacò e Montecarlò. 30 € per stancarsi un po’. Sedute in pullman con cinesi, americani, thailandesi, britannici, tedeschi, belgi, esteuropei (vestiti-mon dieu- ingiacchettati come figli di parlamentari per andare al casino). E un italiano: Luca. Su 4 italiani conosciuti, 3 si chiamano Luca. Forse è un nome molto comune, o forse, ho troppi scheletri nell’armadio. Ma va bene, va bene, che tanto per andare a Monaco ci si mette poco: 3 ore. Nette. Uno strazio. Se non che, proprio davanti a noi, un’improbabile coppia da sfogo alle proprie pulsioni, più romantiche che altro. Inquadriamo. Lei: cinese ( o giapponese?), alta circa 1 metro e 50, con: borsa di gucci, occhiali di chanel, lucidalabbra di dior, canotta-tette-fuori rosa fucsia ( in tinta con ombretto, precisiamo, spalmato su un’autostrada di eyliner) e gonna (che lasciava scoperti quei 4 o 5 cm di mutanda bianca) a pois.
Lui: bellezza hitleriana di 1 metro e 80 circa. Capello biondo cenere e occhio azzurro alla Terence Hill ai tempi d’oro, testa squadrata e fronte bassa. Decisamente logorroico di un’età indecifrabile.
Questi due improbabili lovers sono diventati la nostra unica e appassionante compagnia. Sono partiti con foto e fotine, per passare poi a un romantico scambio di patatine in sacchetto ( con tanto di imbocco), a un manina-manina…ma… nessun bacio! Né all’andata, né al ritorno, dove la faccenda si è fatta decisamente più ingombrante perché era più un copulare che altro. Nessun bacio. Nel mio desiderio di romanticismo non aspettavo altro. Ormai i baci di cellulosa non mi bastano più. Sarà per la prossima volta.
Intanto noi due assonnate e pluri vestite ragazzine autunnali siamo arrivate nel principato per fare una sorta di maratona, conclusasi a Montecarlo con l’incauto, ennesimo acquisto da zara. Proseguito con sensi di colpa deliranti. Allietati però dal rutto en plein air di una distinta signora anziana che proprio proprio mentre mi passava di fianco ha deciso di spalancare le fauci e fare uscire il brutto del pasto appena digerito. Salute.
Intanto Aix e il suo fetore mefitico sono stati lavati ancora da nuvole di passaggio.

venerdì 26 settembre 2008

in provenza piove 9 giorni all'anno

Io ne ho già presi almeno 3. Vuol dire che per i prossimi 5 mesi ( assalti di maestrale a parte) dovrei stare più o meno tranquilla. "Dio bono, Provenza e piove". mi hanno detto oggi, in effetti...
Esco di casa con occhiali molto sixties, molto "oui, ça va, la diva c'est moi", tanto diva che a un certo punto ho visto quello che non dovevo vedere (e qui lo scrivo così se doveste vedermi comparire con un'improbabile chioma da qui a qualche giorno sapete che non è roba mia): monoprix del Cours Mirabeau offre a 35 € delle bellissime extention per capelli. Voilà. é fatta, ho pensato. E già mi immaginavo con una nuova sensualissima onda di capelli lunghi e fluttuanti color cioccolato. Un po' tipo nora jones, con tanto di cuffietta gialla e maglietta babychic-style. Che figa, già mi immaginavo nelle foto. Poi ho pensato che forse 35 euri per dei capelli di plastica potevo non spenderli, che forse sarebbe stato un blocco di marmo ciondolante sotto i miei bellissimi capelli sfilati. Che forse mi conviene aspettare che crescano da soli. Anche se la scoperta del parrucchiere molto avanti sotto casa che potrebbe tagliarmi i capelli come Agyness, insomma, diciamo che tenta. Non so, sarà colpa della pioggia.
Problemi seri, qui: troppi negozi, troppo cibo, troppo vino. Le sigarette costano molto, beh, un po' troppo. Un incentivo. Lo sarà. Comunque rimane il fatto che sulla ville piove che Dio la manda e non accenna a smettere, l'aria profuma deliziosamente di inverno. Per essere precisi: profuma dall'alto del 3 piano della mia finestra, perchè scendendo verso il limbo della strada c'è puzza di pesce, frescume, fogna. Uno schifo. Da qui però c'è un certo rimando italico, tipo che mi verrebbe voglia di castagne e di trasformare la stanza da blu a arancione. L'autunno profuma di foglie. Le foglie profumano di autunno. Corrispondenza perfetta, mica scemo chi crede nelle corrispondences.

giovedì 25 settembre 2008

che dura la salita

all'andata è tutta discesa, al ritorno è tutta salita. Ci sono i pro e ci sono i contro.
Le due filles italiennes partono in bicicletta alla mattina, naso congelato e occhio ancora mezzo spento. Facile la discesa non c'è da impegnarsi e si può continuare a dormire. Sembra di sciare. Unica pecca è l'aria fredda. che al mattino è proprio fredda. E sul pancino, si sa, non è il massimo. Però, però. Meglio che il ritorno. Il ritorno dall'Università verso le centre de la ville si articola in una salita di pendenza pantanistica che-poi-ti-viene-da-vomitare. Voglio ridere quest'inverno quando le due filles italiennes infiochettate e incipriate dovranno fare i conti anche con sciarpe, cappotti, maglioni e calzettoni. Si suda. Di inverno. Non è fisiologico. Io ODIO andare in bicicletta. Anche se si, si, Alex e Aidi. Ma Aidi andava in vespa e io la mia vespa blu l'ho lasciata a casa. E comunque, nessun Alex, qui. Si fa di necessità virtù, on peut dire. E allora su e giù che sembra un po' più S.Francisco che Aix en Provence con quella discesa-salita-discesa. 
L'università inizia a essere amica. meno ostacoli, tutto si impara, si diventa francesine ogni giorno. le lezioni piacciono, pare. Ma ancora mesi di salita-discesa-salita per affezionarsi.

lunedì 22 settembre 2008

se ero da sola, tornavo in bicicletta

menomale che siamo in due, così ci possiamo ridere su.
parliamo dell'università? parliamone. putrida, decadente, puzzolente. Passi che all'estero i bidet non esistono, ma vabbè, uno si adatta. Passi la puzza per strada a qualsiasi ora del giorno, ma anche a quello si sopravvive. Ma.... se uno dice "vado in erasmus", pensa, "tanto, peggio dell'università in cui sono già non può essere". illuse. noi. si.
La décadence. giuro. ma proprio nel senso che cadono i pezzi. io non pensavo! questa università potrebbe crollare da un momento all'altro. attenzione.
calcinacci, cavi penzolanti, catene scendono atelticamente dai soffitti sventrati. intonaco... intonaco? naaaaa.
penso che qualche malattia si potrebbe anche prendere, si, credo proprio di si. non so, forse la toxoplasmosi, o qualcosa tipo il tifo. studenti imbambolati davanti a bacheche incomprensibili, noi sperdute a cercare vanamente un piano di appoggio. perchè si c'è il wifi (stupore e meraviglia. aix-unipr 1 a 0) ma... manca il luogo dove appoggiare l'ordinateur (ginocchia e avanbracci a parte, si intende).
e quindi in mezzo a versi gallinacei di automi in zaino e caffè ci siamo arrampicate su e giù per i 6 piani di scale che compongono l'università. e su, e giù, con gli occhi alzati al soffitto, che si sa mai, magari una trave decide di suicidarsi proprio mentre passiamo noi.
ma... la caffetteria, per fortuna, esiste. e quindi, nonostante il regime, una bella baguette jambon et beurre ce la siamo meritate. e anche una spesa di inutilità necessarie, perchè si, almeno facciamoci carine.

dessiner

vorrei smettere di fumare.
vorrei smettere di idealizzare.
vorrei smettere di bere, di essere a modo mio geniale.
vorrei smettere di amare me e il mondo.
vorrei smettere di detestare me e tutto il mondo.
vorrei smettere di essere così sensibile.
smettere di assaporare le emozioni.
smettere.
ma poi continuare.

domenica 21 settembre 2008

qualche pianeta non nel mio segno mi sta sabotando. o forse bambole voodoo. o. non so.
comunque mi sono gestita il sabato abbracciata a cuscini azzurri, ovviamente, tra righe, pois e profondo blu. non è che sia poi così male, anche se avrei voluto avere la forza di alzarmi e mettere un po' d'ordine in questo immenso cagame. o per lo meno cambiare le tende e mettere quelle nuove... rosa...azzurre... princesse princesse. che viziata.
intanto, sabato meditabondo. malinconica no, ma medito, penso, nuoto nell'aria. ascolto. ascolto canzoni che non conosco. perchè è ovvio che io non conosca. e penso, ma che poi, è un po' come una saetta a ciel sereno. passa, va, lascia il segno però.
Adesso la domenica è invece cominciata dopo 19 ore a letto. dovevo riprendermi. senza internet, fino adesso.
Aix la domenica è un po' morta, almeno al pomeriggio, almeno così pare. Stamttina mercati e mercatini di ogni genere e profumo, ora, il nulla. solo una pestilenziale puzza di cibo marocchino e vietnamita o etnico o che entra dalla nostra finestra sul borgo.
riprendiamoci dall'autismo, simo, usciamo?

mercoledì 17 settembre 2008

l'incidente

Ragazza italiana piena di borse scivola dalle scale di un palazzo francese. La caviglia si gira all'indietro e fa "crack". Il condomine apre la porta per vedere cos'è successo ma lei neanche si volta; orgogliosa fa finta di niente, sorridente recupera le borse e zoppicando e zompettando scende i restanti due piani. al buio.
poi si è messa a piangere.

martedì 16 settembre 2008

i francesi urlano

parlano a voce altissima. urlano. schiamazzano. si uccidono. oggi ho seriamente pensato di assistere a un suicidio in diretta. mangiavo in questo chez maxime tutto rosso. mangiavo ratatuille con peperoni ( che infatti sto tutt'ora patendo. maledetti peppers. maledetto topo ratatuille). vabbè. mangiavo. e questo inizia a urlare da una finetra "arrète! arrète!". cioè "fermati! fermati!". 
"ecco" ho pensato" adesso questo si butta dalla finestra e mi cade in testa". ovviamente ero sotto alla finestra". che poi, che poi. io non mi metto mai con le spalle contro il nulla perchè. si. più tranquilla con le spalle verso il muro-o il ristorante-o il cameriere-o. comunque. mai verso il nulla. oggi si. e quindi ho mangiato degli indigeribili allergenici peperoni rossi con la tremenda sensazione che qualche lite omosessuale terminasse con un salto sul tavolo sottostante. il mio. appunto.
comunque la tragedia non si è consumata alla fine. credo si siano picchiati solo tra di loro. la piazzetta immobilizzata e con gli occhi in su per vedere se qualche trucido evento sarebbe capitato in quel momento. tonfi. urla. niente di più.
è che i francesi urlano.
ho portato luna in casa, così ci sentiamo meno sole.

lunedì 15 settembre 2008

l'université

allora, questo è.
oggi ho scoperto che l'università di aix è fottutamente grande e fottutamente decadente. ma sicuramente meglio organizzata della nostra. che scoperta.
fatto sta che la nostra tutor, non solo ci ha spiegato per filo e per segno ogni minimo dettaglio di quello che dobbiamo fare ( dal numero degli uffici, alle aule, alle lezioni, a quali lezioni sono meglio per noi) ma.... ha organizzato una merenda per fare conoscere gli studenti! erasmus, e non. E all'ufficio erasmus ci hanno offerto pure le brioches. però. in compenso qui la pulizia non è di moda. schifo. esecherichia coli come minimo.
ho trovato dove teatrare, dove mangaire la pizza a mezza luna più pesa della storia, e... ho un numero francese!!!
ah... la casa, ho qualche foto. vedi sotto.
à bientot

domenica 14 settembre 2008

je suis arrivée

primo giorno ufficioso.
6 ore di viaggio che-sembravo-una-immigrata. ma ça va. posso dirlo.
alla faccia di chi oggi ha sperimentato il primo giorno di autunno 2008 IO ho goduto una mezza giornata di ancor'estate aixoise. 
sfottò a parte. seguiranno foto della casa, ma per ora posso dire che è rosa-viola-blu e coi muri ancora fottutamente bianca. ma... mia, bella e mia! mia nel senso che mi somiglia. e non è che faccio così cagare da sembrare una casa. insomma, chi mi conosce, capisce.
3 piano di scala a chiocciola con muri blu e gialli, scrostati, bohemiènne ( ??? non sono ancora francese....). finestra sulla piazza più yeah, piena di baretti, ristorantini. giù dalla finestra: i rifiuti e la mia bici. ovviamente: blu. che però, messa vicina ai rifiuti ha già rischiato di essere presa su da un gruppo di passanti. La mia bici è blu e si chiama Luna. l'ho colorata io, ci ho messo due anni e non per fare un'opera d'arte, anzi, fa cagare. il commento di mio padre è stato:" per rubarti la bici, ci vuole qualcuno come te". appunto. a buon intenditor poche parole.
tornando alla casa, vedrete le foto. ora non ho voglia di fare, e di caricarle nemmeno. è stata una giornata lunga e faticosa... però guidare in mezzo alla Francia con le compilation fatte con amour dai miei amici è stato molto bello. 
Qui aperitivo, giretto, cenetta. solita vita. però a aix, dove non esistono i distributori di sigarette e quindi c'è solo un tabaccaio serale, ovviamente, stra affolato. poi i francesi, da quel che pare, sono tabagisti pesi, per cui non ho ben capito.
e niente, ora me ne sto con pigiama i love paris seduta su un letto, vicino alla finestra, sopra un borgo e una piazza di una piccina città provenzale, a 500 km dalla mia vita. e ça va. ça va. è solo il primo giorno, ok. e poi lo so che è come andare in erasmus a roma. ma non è che la distanza importi poi più di tanto. o si? intanto sono qui. e penso. e guardo. e penso.
e tra poco dormo.
stelle francesi. vento francese. borghi francesi.
sotto il cielo, bonne nuit

venerdì 12 settembre 2008

va bene. allora, la valigia non è un problema. non del tutto. a quanto pare. non devo prendere aerei-figuriamoci- ma affrontare un piacevole- come dire, "agreable"- viaggio/travaglio in macchina con bici a carico. e, e, e. ma poi arrivo, e poi torno, e poi vado di nuovo, e poi basta per un po'. sarà ora di cominciarlo seriamente, questo erasmus.
Però ormai il -1 è un tantino soffocante. era più facile dire "parto tra 6 mesi". ora dico "torno tra 6 mesi". e nessuno ci crede. malfidenti. che ne sappiamo, poi?! per quel che ne so potrei fare l'erasmus di una settimana o non tornare più. si accettano scommesse. anche se.... vabbè, l'ansia è comprensibile.
dicevo "scrivo solo quando arrivo là". dicevo. e poi... giusto per scaricare un pochettino.
La casa, per pura informazione, è bellissima. ma proprio bellissima. è una spruzzatina di profumo di lavanda fatta di calcestruzzo e mattonelle e meravigliose tende viola. e quadri simil-klimt. 6 posti letti- che non si sa mai- un bagno- senza bidè. là non usa-  una cucina multiaccessoriata, una stanza da letto. e un misero, piccolo, assolutamente insufficiente armadio bianco. così, pour parler...per condividere.
meravigliosi spots ansiosi. una chicca. superchicca. io? si, si

giovedì 28 agosto 2008

quasi pronti

Mi sembra strano. Una decisione, incredibile. Da parte mia, almeno. E quindi niente, me ne parto per nuovi lidi. Che poi sono pure vicini... ma è più facile andare a Singapore che a Aix en Provence! Però adesso è inutile prevedere o progettare o sputare. Diciamo che sono in partenza, e basta. Che tenterò di raccontare questa storia, anche se già so che la mia incoerenza dovrà lottare con la grafomania.
Vedremo.

Moi? ça va, merci...