martedì 28 ottobre 2008

giusto per precisare

oggi allarme incendio all'università.
Dicono che sia andato a fuoco il terzo piano. Dicono.
Pompieri, evacuazione.
Siamo tutti vivi.

ragazza in gabbia con valigia in mano


Pare che qualche strano allineamento astrale continui a inviare i suoi fulmini sinistri proprio qui. Sulla mia testa. Su di me che, da sola, cerco di fare compagnia alla casa. E viceversa. Ok, scarpe dal calzolaio. Ma: è venuto il tanto atteso plombier. Tanto per cominciare è arrivato senza suonare il campanello. Ha scalato la torre di Londra del mio palazzo dai muri greci e me lo sono ritrovato che bussava alla porta. Toc-Toc. "oui?" "le plombier, madame". Non è stato rassicurante dal primo momento. Sarà perchè è entrato ed è andato sparato in bagno e nel giro di trenta secondi era già che diceva "merdePutaineMerdePutaine". In tutto questo, io ero stata presa da rigurgiti nostalgici-emotivi per cui me ne stavo singhiozzante cercando di fare finta di niente. Allora, immaginatevi la scena: questo povero idraulico in un bagno di 1 metro per uno che cerca di capire come mai uno scaldabagno incastonato nel soffitto rigurgiti acqua gialla mentre la ragazza che dovrebbe stare attenta a quel che succede se ne sta a piangere in italiano seduta sul letto. Alla fine, lui parlava da solo. La tragedia è successa quando in uno scatto di ingegno, carcando di raggiungere in un sol balzo il pannello con l'interrutore generale, il plombier è inciampato, per cui oltretutto me lo sono ritrovata lungo disteso in mezzo alla casa che bestemmiava in francese. E io che piangevo. E cosa dovevo dire? "ça va? ça va?". questa è scema, avrà pensato. Bene, dopo 10 minuti di bestemmie e autopsia accurata della carogna, la diagnosi è stata: le chauffe eau est cassé. Il faut le changer. Traduco: scaldabagno rotto, bisogna cambiarlo. E io aggiungo: cazzo. Il fatto è che lo cambieranno la settimana prossima! per cui io ormai mi sono convertita alla moda di calderoni e spugne e getti ghiacciati, si, ma non è che sia proprio salutare e piacevole, ecco. Aggiungiamo che per una lampadina che cambio, un'altra si brucia; e che gli elettrodomestici vivono di una propria autonomia: ieri, tornata a casa dopo l'università, ho trovato la cappa accesa. Così. Perchè le andava. Why not?
Mi sveglio col sole, e ora le nuvole, domani è mercoledì, certamente pioverà. Fatto sta che le amicizie si allargano e oltre alle tonnellate di italiani, all'olandese e agli spagnoli, ora si sono aggiunti un francese e qualche inglese. Causa del plurilinguismo. Più che il francese, che non ha particolari evidenti stranezze, mi soffermerei sul britannico. Britannico di Bristol, per la precisione. Ma con nome italiano. Molto italiano. "Nice to meet you" risposta "Ciao, come stai?" con marcato accento milanese. Ora, sei sicuro di essere proprio proprio inglese?! Sfodera un inglese oxfordiano, rotondo e perfetto, di quelli da accademia, da videocassette Hello English, da esame di ammissione alla corte dela Regina Elisabetta. Ok, niente dubbi. Mezzo italiano, mezzo inglese. Il suo italiano, per quanto perfetto, ha un problema. é solo in vezzeggiativo. Tipo: "mangiamo il risottino con i gamberettini?" oppure "andiamo a bere una bevandina, simonettina?" oppure " devo prendere il caschettino per la vespettina" oppure "andiamo con la macchinina?". E via. Fino al fastidio. Bene, il ragazzo, a guardarlo, lo si scambierebbe certamente per il protagonista di qualche telefilm cult per teen agers, tipo O.C. o Dawson's Creek. Oppure, la descrizione più azzeccata è che potrebbe essere il terzo Sonhora: prendete i due sonhora, uniteli insieme e ottenete il mio amico. Ciuffo perfetto a qualsiasi ora del giorno. Sorriso smagliante, occhio languido. Non si sa bene perchè, ma ha deciso di comprarsi una vespettina. Qui, in Francia. Più di 1000 euro per una vespa azzurro-puffo. Bellissima, senza dubbio. Ma la domanda poi è: come ci torna a Bristol, con la vespa?

Per evadere alla domenica aixoise noiosa e pigra, abbiamo deciso di andare a La Ciotat, sempre con la nostra Cartreize domenicale. Festa storica: 1720. Tutti pirati. Tutti. Io mi sentivo decisamente fuori luogo con la mia maglia "little miss sunshine" e i jeans trendy. Ero già pronta a spogliarmi e travestirmi da Jack Sparrow, o magari da Keira. O da pappagallo. Beh, poco importa. Ero veramente dentro alla Maledizione della prima luna. Un sogno. Cannoni che sparavano, ubriaconi con denti marci che urlavano, impiccagioni in piazza, streghe, danze, fate e fatine. Paglia per terra e velieri in mare. Senza calcolare i 30 gradi di temperatura, il vino a 1 euro e le frotte di bambini che correvano e saltavano come ossessi travestiti da marinaio spugna. Per amalgamarmi un minimo al mood piratesco ho comprato una spadina di legno e dei campanellini da appestata. DlinDLinDlin, ogni volta che mi muovevo.
Tornata a Aix, l'incanto era già finito.
Il dramma del giorno è però che sono intrappolata qui, in questo scorcio di mondo senza tempo. Vorrei tornare qualche giorno a casa, ecco. Ma come? Pullman? Treno? Viaggiare di notte insieme agli scarafaggi? oppure partire alle 5 del mattino da Aix, andare a Nizza, arrivare a Milano alle 15 e prendere il treno per casa? tiro i dadi, lancio la moneta, e decido.
Male che vada, farò l'autostop.

venerdì 24 ottobre 2008


Mascherina ROsa


mentre dormo. Ho comprato una mascherina rosa molto Paris Hilton da tenere sugli occhi mentre dormo. In camera mia c'è troppa luce. Belle le mie tende. Ma completamente inutili. Mi sono svegliata che stavo soffocando perchè anzichè coprire gli occhi, copriva la bocca. Ma il problema non è stato tanto quello, al risveglio. Madama Dorè, mille cinquecento trè. Io, quindi.
Ieri che la mia metà casalinga è partita, la casa si è ribellata al sistema. O è sempre il solito fantasma che si diverte così. Stanotte dormo da sola e ho una paura fottuta: chissà quali piacevoli sorprese mi riserverà. Comunque. il risveglio è stato prendere più tempo possibile per evitare quel momento. Quello di entrare in bagno. Ieri infatti la lampadina del bagno si è trasformata in nana bianca e io ho dovuto fare una sorta di corteo funebre di candele. Contando che il mio bagno è largo si e no un metro e che è pieno di cose, è un miracolo che non sia andato tutto a fuoco. Quindi partiamo dal concetto medievale di "illuminazione a cera". Seguito però da quello di "lavarsi nella tinozza". Ieri, sempre perchè la piccola disorganizzata è rimasta sola, lo scaldabagno ha deciso di andare in letargo. Acqua gelata. Quindi? quindi bollitore e pentolone sul fuoco per riempire una tinozza che mi arriva si e no ai polpacci e improvvisare un pediluvio, più che un bagno. Saponetta, qualche getto di ghiaccio dal doccino e testa sotto al lavandino artico. In effetti ho i capelli molto più lucidi del normale, non era una leggenda. Ho finalmente capito perchè negli ultimi 200 anni il bagno è diventato il posto più cool della casa. Comunque il problema della luce è stato risolto. Comprare una lampadina non è poi così complicato. Ma chiamare il plombier è un momento difficile che dovrò affrontare domani. Forse mi aspetta un week end di tinozze. Ho paura.
A preparazione ultimata la piccola e instabile disorganizzata fille italienne decide di bere un caffè, senza calcolare che la sua scoordinazione congenita a volte crea qualche problema: infatti. Tazza vola per terra, caffè di conseguenza impiastriccia il pavimento. E non sto parlando di caffè espresso, ma di lunghissimo caffè americano; non di tazzina, ma di mug. Plic-plac.
Esce di casa, finalmente. E… la suola si stacca dallo stivale. Torna indietro, cambia scarpe ma à la fac ci va a piedi, che è meglio. Ma siccome le disgrazie non vengono mai da sole e la giornata sembrata tempestata di maledizioni, la putriderrima università di Provenza ha problemi idraulici (anche). Niente acqua. Niente acqua= niente caffè ne alle macchinette ne alla caffetteria. Niente acqua= niente bagni funzionanti. = fetore mefitico. Il consiglio è: contattare un esorcista al più presto.
Nel frattempo è arrivato l’autunno. Tiepido, ma è arrivato. Il cielo si è incupito e l’aria inumidita. Fioccano maglioni e si ritirano le ciabatte. Ma Piedi Scalzi, sempre a piedi scalzi è. Ed è sempre più in forma, oltre tutto. Mentre io starnutisco.
A lezione le classi si restringono sempre di più, ma Perez parla lo stesso. E io lo ascolto. Parla di amore e di politica. Di romanzi e di quadri. Recita e racconta. Gesticola e osserva. Io ascolto, non senza perdermi tra i pensieri. Ma comunque mi sento sempre più dura e sempre più pura, un’ eroina di qualche storia inesistente. Beh no, non inesistente, non del tutto almeno. Comunque se da una parte l’ignoranza impazza, dall’altra scopro ogni giorno similitudini. Adesso con Flaubert, che non è che sia proprio proprio il primo sfigato di passaggio. Ambiziosa la ragazza… ma è la follia che accomuna. Comunque il signore non era proprio tanto normale, a quanto pare. È un artista, ok, ma un poco di sacrosanta pazzia va riconosciuta. E menomale. Comunque, lui aveva questa passione per i dettagli. Per le descrizioni dei piccoli particolari. Fantastico! Anch’io! Mi ci perdo in queste minuscolezze. Forse perche le racconta Perez, con tutte quelle liasons che lo caratterizzano… a parte questo, avevo progettato una tranquilla serata casalinga. “no, no stasera non esco”. Dopo la lezione mi sentivo così colta e romantica che volevo passare la serata in pigiama a leggere, guardare film in francese e studiare fotografia. Ma…. L’amica olandese, perché no, ha deciso di mangiare chez moi! E quindi noodles in due, curry, salsa di soya e zucchine. E chiacchere in un francese contraffatto. Lei con i suoi pungiglioni verbali, io con il mio minetrsone trilingue che-non-ci-capisco-niente-nemmeno-io. Tipo: “eh beh oui, davvero, it’s better comme ça”. Pardon?
Mi sto tutt’ora chiedendo che cosa ci siamo raccontate. Un discorso tra sordo muti conclusosi con la domanda: ma perché non ci siamo parlate in inglese?!

mercoledì 22 ottobre 2008

sempre di mercoledì

22 ottobre batte 8 ottobre. Acqua ovunque. Le ruelles ormai sono dei canali, altro che pioggerellina. Si vede lo spessore delle gocce, si potrebbe calcolarne il diametro, misurare l'intensità dello schiocco sulla strada. Splash. E io guardo dalla finestra. E i piccioni che ( maledetti) popolano il mio campo visivo si appallottolano come gomitoli di lana grigio-blu. Lana. Ma qui non è ancora inverno. Anzi. Pioggia a parte, sembra ancora settembre, se non fosse per il profumo dell'aria. Niente cornucopie di foglie gialle sui viali, semplicemente perchè qui non ci sono viali, ma le foglie cadono lo stesso dagli alberi. Niente cappotti ancora, ne guanti. Ma odore di autunno, di quando viene voglia di accendere il camino, mangiare le castagne e mettersi sotto una bella coperta arancione. Possibilmente a quadri, possibilmente di lana pesante.
Bene, questa casa è un delirio. Oltre che porto di mare di un'isola centrale, ergo attracco ideale per chiunque. Cose e persone, piatti perennemente da lavare. E poi, cosa ben più problematica, sta su per grazia divina, Ogni giorno un danno. Dunque, il secondo giorno di permanenza aixoise la libreria (palesemente dell'ikea) ha deciso che 5 ripiani erano troppi. Quindi uno si è suicidato facendo cadere libri su libri. Poi il dramma idraulico della lavatrice vomitante, come già raccontai. Poi in questi giorni il fantasma. Cosa che per altro io avevo sempre sospettato. Ma comunque qualcosa dovrà pur averlo fatto incazzare sto fantasma, perchè si scatenasse così! Cose ce cadono da sole. Rumori notturni(che potrebbero però benissimo essere quelli del palazzo di fianco, visto che i muri sono di carta). Ieri mattina mi sveglio con una coinquilina blaterante e errante per la casa completamente buia. "è saltata la corrente è saltata la corrente". buio pesto. La reattività del mattino è nulla, quindi ho aspettato a letto. E luce fu. Ma, il blaterare è continuato con "c'è una perdita in bagno". Acqua dal soffitto, per la precisione. L'acqua. Una giornata di catino sul pavimento a raccogliere un plik-plik intermittente. Io comunque penso che sia tutta colpa del fantasma del film. La Frontiere de l'aube. Dai c'è Louis Garrel, dobbiamo vederlo per forza. In bianco e nero, con dialoghi che erano più un blaterare a bocca piena che altro. Questi due amanti, lui figo, lei no. Si amano, si lasciano, lei impazzisce e muore e il suo fantasma porta Louis Garrel al suicidio. Questo almeno è quello che ho capito. Perchè avrei potuto pure guardarlo in bulgaro che avrei capito tanto quanto. C'è però da dire che mi sentivo assolutamente dentro a The Dreamers, guardando film d'essai in bianco e nero nel cinema Mazarino, con altri 8 pirla che come me cedono al profumo di arte o pseudo tale.
Poi questi film concettuali dove tutti bevono scotch o simili e fumano con l'occhio mezzo spento e la testa inclinata sono poco educativi. Insomma. Chi vedendo Louis Garrel con la sigaretta in bocca sfumacchiante resiste poi al fascino del tabagista? Nel frattempo i miei dialoghi in italiano si stanno restringendo sempre di più. Per fortuna. Ora devo solo imparare il francese, poi è tutto perfetto. Le serate si caratterizzano per un'alternanza francese-inglese, una parola in inglese, una parola in francese, e via, finchè poi non ci capisci più niente. Con questa altalena linguistica domenica siamo andate in gita a Cassis. Un porto formato cartolina ma fottutamente romantico. Ancora prima di andarci, rincoglionita da racconti e piuttosto influenzata da foto e articolo su Marie Claire, ancora prima di andare ho pensato che l'uomo che mi porterà a Cassis poi lo sposo. E già mi immagino col mio bellissimo vestito nero da Marilyn a giurare amore eterno, a chi, non si sa. Bello pensarlo. Quindi questo paesuncolo super inflazionato da turisti è un meraviglioso squarcio d'estate a mezz'ora da Aix. Aix pioggia, Cassis sole. Aix caldo, Cassis freddo. Anche se il vento di mare non si può definire freddo in realtà. e' vento di mare e basta. Salato e brillante come le onde.
La pioggia non accenna a smettere e i deliri della gente crescono di conseguenza. Tanti pazzi, tutti metereopatici. Urla e schiamazzi per la strada. Ora silenzio, forse sono affogati tutti.

mercoledì 15 ottobre 2008

Simona Francesca Aix en Provence

scrivo con i putridi tasti di un putrido computer della putrida biblioteca della putriderrima università di Aix. Precisiamo che la tastiera è diversa e quindi ci sto mettendo ore perchè continuo a schiacciare cose sbagliate. perdonate errori. saro breve e furtiva perchè non so se questi computer sono solo a uso didattico, fatto sta che auella di fianco a me stava comprando vestiti on line... io almeno mi dedico a attività socialmente e culturalmente utili: facebook e il mio blog. Poi ,i aspettano 3 leggere ore di spagnolo, e tornero a casa a notte inoltrata. Qui gli esami spuntano come funghi e io faccio scoperte sempre piu terrificanti ogni giorno che passa; ultima delle quali giusto stamattina quando sono andata scrupolosamente ad accertarmi che il mio corso di spagnolo (sempre lui) valga effettivamente 6 crediti... e beh,
la scoperta è stata paralizzante: vale 3 crediti, lo stronzo. E nessuno mi aveva avvertito. E non ho alternative, se non dedicarmici ancora al secondo semestre. UAUUUUUUUUUUU.
A parte questo, ho una notizia sera presa direttamente da La Provence; e sono particolarmente contenta perchè ho la mia rivincita alla faccia di tutti quelli che ,i dicono "sei troppo cattiva con Aix" ( vedi: mia mamma). La Provence, uno dei tanti quotidiani che ometti vestiti di blu mi mettono tra le mani mentre vado in Università, dice, guarda un po', che la rinomatissima fac de lettre di Aix en Provence cade a pezzi. E c'è pure una foto che la sottoscritta aveva già lungimirantemente scattato al mio debutto aixoise. Quando si dice intuito giornalistico. L'articolo pqrla di una situazione disastrosa, come io dissi. Quindi, cara mamma, ti dirotto su www.laprovence.com per approfondire.
Aneddoto nell'aneddoto. Venerdi scorso io e le mie amiche siamo andate in questo disco-pub ( lo so che è molto anni 80 come termine, ma non saprei come altro definirlo), tale Sunset, dove al venerdi mettono musica straordinariamente anni 80. bene, ballando, ci accorgiamo che di fianco a noi si sta muovendo con fare scimmiesco un personaggio tutto assorto nel suo mondo. Probabilmente ubriachissimo. L'essere si avvicina e iniziamo a parlare e si scopre che si chiama Jean Baptiste, che sua mamma si chiama come me e poi, cosi, senza dire niente, ballando, se ne va. Noi ci ricordavamo perfettamente di lui, ma lui forse no e in questi giorni lo abbiamo visto piu o meno dappertutto.... fin tanto che, aprendo La Provence, chi mi ritrovo nella foto della università decadente??? Proprio lui, Jean Baptiste!!!
non sono stata breve, ma mi sento osservata. à plus, forse

venerdì 10 ottobre 2008

chiuduti nel cesso

E non sto parlando della super hit anni '90 (o '80?) degli 883. Ma del mio pomeriggio di ieri. Per chè se tutti andassimo in bagno sapendo di non uscirne più, tutti ci pisceremmo addosso. Oppure non so che alternativa si troverebbe. Però devo dire che pensavo peggio: nessuna crisi isterica o attacco di panico, nessun urlo da parte mia. Niente. Inquadriamo la vicenda. Sono uscita da due ore di letteratura francese con un solo desiderio: fare pipì! Quindi, per la foga, non sono stata molto attenta alla manopola interna della porta. Che mancava. Faccio per aprire. Niente. Cerco di far scivolare il listello. Niente. Do qualche calcio. Niente. Mi tolgo due forcine dalla testa: una la uso io per scassinare da dentro, una la usa Simo per scassinare da fuori. Niente. "nei film funziona". Si perchè in tutto questo, fuori c'era Simo carica come un asino, e a un certo punto, dopo più di 20 minuti che io ero chiusa lì, dopo aver telefonato a tutti i nostri amici e parenti, l'unica decisione possibile era chiamare la sicurezza! In due sono arrivati. E io che nel frattempo mi sono arrampicata sul porta carta igienica per vedere cosa succedeva fuori. in due. Uno basso, uno magro. "è vestita?", mi chiedono. Beh contando che ero chiusa nel bagno da mezz'ora, la pipì avevo finito di farla già da un po'. A questo punto, quello più basso, che era vestito con tuta blu catarinfrangente ha iniziato a scuotere la porta per scardinarla. Tentativo fallito, di nuovo. Allora è successo che io mi sono abbarbicata sul water ( si, lo so, che schifo, ma non ho toccato niente) e spiaccicata contro il muro mentre l'uomo basso vestito da csi diceva al walkie talkie " sfondo la porta sfondo la porta". Un eroe. Mi stavo già immaginando la scena: cicloni di polvere e io con la faccia coperta dalle mani e il mio eroe che mi porta fuori dal bagno tenendomi in braccio mentre fiumi di persone attendono l'evento applaudendo. Sarei diventata sicuramente l'idola delle folle aixoise. Purtroppo però il mio eroe era un nanerottolo di un metro e cinquanta, con le spalle larghe come me. Praticamente era me con una tuta di csi e senza capelli. Mi sembra ovvio che io non sarei mai stata in grado di sfondare una porta. Quindi l'altro, con agile mossa, ha scavalcato il muro ed è balzato nel bagno, mi ha fatto da gradino con le mani e io mi sono ritrovata a cavalcioni tra due cessi, con due sconosciuti francofoni che mi dicevano di glisser giù dal muro. L'uomo ragno. La mia poca agilità mi ha fatto rimanere appollaiata a cavalcioni per qualche interminabile minuto. Senza la minima voglia di saltare giù, che se va male mi rompo la testa e morire nel bagno dell'Università di Aix non lo vuole fare nessuno. Piena di polvere, con uno che mi spingeva da una parte e l'altro che cercava di tirarmi giù di peso dall'altra. Insomma, alla fine, dopo tentennamenti vari sono scivolata a modi sardina giù dal muro. Sembravo Gatto Silvestro. Mi sono tolta la polvere di dosso, ho starnutito, ringraziato e sono andata via, di corsa. Non farò mai più la pipì in università! anche perchè se mancano i soffitti, le manopole delle porte dei bagni sono innezie, no!?

mercoledì 8 ottobre 2008

feliz compleano

Succede anche a me. E infatti stamattina mi sono svegliata con delle bellissime borse e zampe di gallina sotto gli occhi nuove di pacca, primo regalo del mio 23 esimo anno d'età. O forse saranno state le lacrime notturne. Mi sono commossa, non ci posso fare niente. I compleanni ( il MIO compleanno, nella fattispecie) mi toccano sempre molto. Per cui ho versato qualche lacrima. Anche se io in realtà piango sempre. Appena possibile inizio a piangere come una vite tagliata. Piango se guardo Tre metri sopra il cielo e se ascolto Ti scatterò una foto, di Tiziano Ferro. E forse questo è il peggio. Ma piango anche se ascolto i Cure, o gli Smiths, o le Spice Girls. Piango perchè mi ricordo le cose, e anche se sono bei ricordi piango tantissimo. Anzi, se sono bei ricordi ancora peggio. "Don't cry because it's over, but smile because it was so wonderful" mi scrissero dopo una vacanza, su una smemoranda penso del 2000. Un cazzo. Appena ho letto la dedica ho iniziato a piangere ancora più di prima. Piango per i biglietti di auguri, per i sorrisi, per i vecchietti molto vecchi ( e per le vecchiette molto vecchie, per par condicio). Ho pianto quando è morto il papa, quando è morto Enzo Biagi ma il fatto è che probabilmente piangerei anche se morisse Berlusconi, nonostante tutto! ( e con questo non voglio avvicinare i personaggi. Lungi da me). Piango se vado a un concerto, piango a salutare le persone, piango se mi dicono cose belle. Insomma, piango. Quindi il fatto di piangere il giorno del mio compleanno per auguri a distanza e messaggi più o meno strazianti e nostalgia canaglia, diciamo che mi sembra il minimo. A prescindere da discorsi lacrimevoli, il mio compleanno è sempre stato il giorno più importante dell'anno. Per quel che mi riguarda. Ho sempre fatto il count down a partire da aogsto, plurime feste ( con amici, amici estivi, amici intimi, morosi, famigliari, compagni di classe, ecc), e se vedevo gente anche sconosciuta per strada con dei pacchetti regalo, ero convinta che fossero doni per me. Sono fanatica. Quini secondo me il mio compleanno è un giorno sabbatico. Quest'anno è stato molto anomalo. A cominciare dal fatto che per la prima volta nei miei 23 anni di storia, non l'ho trascorso nel circondario di casa mia. Precisiamo poi che oggi sembra di essere a Londra. O in qualche tempesta tropicale. Da stamattina non ha mai smesso di piovere. Anzi, va aumentando. Penso di aver visto così tanta pioggia solo ad Alghero l'anno scorso quando sono stata la 3 giorni (3, non di più, i miei primi 3 fottuti giorni di vacanza) e i tombni sono esplosi per la troppa acqua e la città era inondata. Qui, lo stesso. Cioè, nessun tombino strabordante ma cielo plumbeo e litri d'acqua che inutilmente scendono a vagonate dalle nuvole. Oggi. Domani sicuramente ci sarà il sole. Ma oggi che è il mio compleanno no, pioggia e solo pioggia.
La mezzanotte è scoccata un attimo dopo che ho fatto la pipì. Compiere gli anni in bagno non sarebbe stato bello... dopo di che, ho soffiato su una candelina verde incastrata in un pasticcino all'uvetta e scartato il primo regalo ( con relativo biglietto strappalacrime di mamma e papà). Poi, nella notte, qualcuno ( Simo e consorte) ha trasformato l'appartamento di Rue Venel in un qualcosa di favolesco. Mi sono alzata stamattina in un meraviglioso mondo di palloncini multicolor e striscione turchino con scritto "auguri piccola fata blu". E piange. E ho soffiato su una candelina rosa ficcata in una focaccia d'uvetta. Poi mi sono stirata i capelli e truccata perchè per il proprio compleanno bisogna essere belli. Sono andata in università e per cercare una fottutissima aula di corsa con la cuffia in testa e l'umidità a 8000 ho iniziato a sudare come se fosse ferragosto. Per cui alla fine trucco e parrucco sono andati a farsi fottere e, diciamocelo, non è che uno guardandomi in faccia oggi, con matita colata, capello ispido e faccia paonazza e incazzata dalla pioggia gli potesse venire in mente che è il mio compleanno. Però è bellissimo tutto ciò. Mi sento piena di amore e gioia, distribuirei baci a destra e a manca, tanto sono felice. Sarò una bellissima ventitreenne con il cappotto rosso e le scarpe rosse. Voglio bene a tutti! Stasera festeggio, mangio bevo e faccio un pigiama party con le mie amiche (che fa molto look at me I'm Sandra D.). Mi spazzolerò i capelli e andrò a letto sorridente. O probabilmente piangerò perchè sarà già passata la mezzanotte...ergo, sarà finito il mio compleanno.
Special thanks agli inventori di facebook. Non mi sono mai sentita così amata.
Special thanks alla Simo.
Spacial thanks a mamma e papà.
Special thanks a chi l'anno scorso con questo tempo ha rischiato la morte per infiocchettarmi di rosso una magia.
Special thanks ai miei due idrogeni, che convergiamo anche se siamo in tre continenti diversi.
Special thanks a me.

lunedì 6 ottobre 2008

Bum bum bu. Tic tac. Sotto il pavimento. O dentro allo stomaco. Che è inspiegabilmente vuoto.
Nella gola. Non sto per morire. Anzi. Più viva che mai. Anche se mi tremano le mani.
Le sorprese dell'università. Oggi una conferenza inaspettata, ma sicuramente gradita. Marcello Fois. Non tanto il libro, ma quello che ha detto. Perchè non sarò mai una scrittrice, a quanto pare. Che piccola che ero davanti a quelle tante parole. Piccola e pure un po'ignorante. Così mi sono sentita. Bisogna camminare tanto, studiare tanto, leggere tanto, impararsi tanto. Non è tanto l'originalità, non è tanto l'ispirazione. E'. Memorie del Vuoto.
Lui che parla in italiano, il professore italiano che ha introdotto in francese, la traduttrice che traduceva in francese, l'altra intervistatrice sarda che intervistava in francese, poi, in un attimo di consanguignità (perchè anche Fois è sardo) ha iniziato a domandare in italiano-sardo. Che casino.
A parte queste 3 ore di parole poetiche. un'ora e mezza di francese. Partendo dal presupposto che la mia povera Luna è rimasta per il week end in università, che quindi sono andata a piedi e che, povera lei, ha una gomma completamente a terra. Ergo anche il ritorno si è svolto a piedi, con me che trascinavo una carcassa blu a pedali. Loffia. Impolverata.
L'andata, intanto, con caffè avant le cours e un cours terroristico con questa piccola madame Martine. Piccola ma cattiva. Ma di una cattiveria un po' isterica, ma anche simpatica, col sorriso in faccia. Disegnate come delle scimmie, ci ha detto. E si riferiva a Congo, ovviamente, la scimmia pittrice. E settimana prossima questo scimpanzè artista sarà anche materia di compito in classe. Io mi dico.
Sono sgonfia come Luna. Mentre la luna, quella fuori che sta appiccicata nel cielo, trasuda bellezza. Anche se ne vedo solo metà.

domenica 5 ottobre 2008

vive la dimanche, ou la dimanche qui vit

Chi ha voglia di alzarsi presto la domenica? io... no! Però, bisogna approfittare del fatto di essersi levati dall'anidride carbonica italica, per immergersi in un sano ossigeno francese e visitare i beni che Dio ha deciso di concentrare nella zona in cui sono capitata. E poi, partenza alle 10 non è troppo drammatica. Ho comunque faticato. Abbiamo. Uscita a cinque, questa volta; cinque spice girls in gita a Arles. Siamo state previdenti, abbiamo fatto la CarteTreize: una figata grazie alla quale nei week end si viaggia a 1 euro. Ovviamente solo in determinate zone, e noi volevamo andare da un'altra parte, ma era ovviamente fuori dal percorso. Arles va benissimo. Saint Mairie de la mer, no? contando che in tutta la domenica ci sono un pullman a andare e un pullman a tornare, forse voler addiruttra andare a prendere delle coincidenze, sarebbe stato andarsi a cercare il freddo per il letto. Probabilmente in questo momento starei immersa nel mistrale salmastro della cittadina zingara. E invece no. Avvolta in una coperta blu, al solito terzo piano del solito palazzo della solita rue venel, racconto. Le cinque, quattro italiane e una olandese, partono. L'idea della CarteTreize non è stata geniale: tutta la gioventù posticcia di Aix ha deciso di andare a Arles oggi. Fila. Nell'attesa inquadriamo i cinque personaggi, senza fare nomi. Io. Simo. Italiana trevigiana che studia a Trieste, accento veneto imperante, parlata francese costante (anche quando tra italiani). Italiana veronese che studia a Trieste, decisamente la Melanie C. del gruppo. Olandese tipica, floride guance rosse e boccolo biondo, french speaking ma con qualche difficoltà di spigolatura. La comprensione si rende ostica, ma la lotta per la sopravvivenza prevede anche questo. E modestamente, con la mia diet coke serale in mano, posso vantarmi del fatto che, dopo una giornata con la mia nuova amica nord europea, capisco benissimo il suo francese appuntito. Bene. Nel frattempo il pullman è partito e ad arrivare ad Arles ci si mette un'ora e mezza. Dopo di che: il sogno. Sole, luce, musica, gente, profumi per strada, nessun fetore mefitico, nessuna cacca cagnesca di dimensioni imbarazzanti. Niente di tutto ciò. Anzi. Musicisti di strada che colorano l'aria di fringuellanti note fisarmonichesce, cani che ballano al ritmo di musica, padri giovani e belli che scivolano sull'asfalto con pattini a rotelle e perfette bambine bionde e paffute in braccio. Bienvenue a Arles. Una giornata a girare e giroclare tra rues e ruelles, tra turisti (italiani e giapponesi) e neanche l'aria di un museo gratuito domenicale. Anzi, solo uno. Una specie di inquietantissimo museo delle cere in cui dei santon ( bambolette tipiche provenzali, tipo presepe, che incarnano i topoi degli indigeni dei tempi passati.n.d.r.) di dimensioni umane occupavano improbabili salotti natalizi con tanto di cani e gazze imbalsamati. Uno schifo. Ma era gratis. Comunque, forse tutti non sanno che Arles era il regno di Sua Maestà Vincenzo Van Gogh! Perciò immagini e richiami ovunque. Persino il cafè ricostruzione di quello da lui ritratto. Magnifico! Ma... la Chambre de Van Gogh, quella famosissima del quadro con la sedia, ecc ( se non avete presente: www.google.com), bene, quella stanza che ci avevano promesso essere nella petite ville... non c'era. O meglio. C'era, ma rifatta e oltretutto fuori dalla città. Per cui nemmeno quella siamo riuscite a vedere. è stata semplicemente una domenica provenzale d'altri tempi, tra muri gialli e profumi romantici. Gitarella perfettamente riuscita e sicuramente perfetta perchè non smielensata da manina-manina e bacino-bacino. Di quelle cose che poi ti ricordi il posto perchè ti ricorda l'amore e piangi su marciapiedi zozzi di città magari insulse perchè perchè perchè. No. Gite tra amiche, sempre la scelta migliore. Fatto sta che le Spice Girls dovevano pur ritornare da questo posto per cui hanno preso il pullman delle quattroequaranta alla gare rutière di Arles. Travolte da un'orda di multispeaking ce l'hanno fatta a salire. E anche a sopravvivere al viaggio. Perchè l'autista era evidentemento un personaggio messo lì da qualche associazione di volontariato o smili. gentilissimo, per carità; del tipo "bonjour-bonsoir-aurevoir-merci" con tutti quelli che salivano. Però il pullman traballava pericolosamente, e non dico che sbandasse, ma seriamente che avesse degli squilibri dinamici destra-sinistra. un po' tipo andare in barca a vela. Ma questo cullarmi mi ha portata nel magico mondo dei sogni, con la mia borsa abbracciata tipo coperta di linus. Fin tanto che delle urla mi svegliano. Ed era l'autista che urlava e delle persone giù dal pullman che urlavano. Perchè volevano salire ma di posto non ce n'era. Percui era pure giusto che lui non li accettasse. E comunque dopo che siamo partiti, tra un traballamento da pullman di cartoonia e l'altro, l'autista ha continuato a urlare da solo, gesticolando, imprecando e facendo su e giù con la testolina per almeno dieci minuti. Ok. Ri-sonno. Mi cade violentemente la testa e mi sveglio. Mi volto e nella stessa condizione di rem c'è Simo con bocca spalancata; davanti a noi una ugola d'oro che ha accompagnato la restante parte del viaggio con le hit pop del momento. Per fortuna: Aix. Il suo mercato domenicale. I suoi biscotti, gioielli, chincaglierie. Avevo bisogno d'Alcool. Appolinaire, s'intende.

sabato 4 ottobre 2008

sciarpe e caffè

sembra domenica. Sono pigra e raffreddata come se fosse domenica. Non è che si è raffreddati solo di domenica, è vero, però più pigri si. Eh. Quindi il sabato aixoise è pieno di mercati, di fiori, di spezie, di profumi vaganti. E di gente, come al solito, pericolante. Stamattina una signora si lancia in un attraversamento incauto mentre passava una moto. Incidente evitato per qualche decimo di millimetro. La signora senza scomporsi ha semplicemente voltato la testa, guardato il motociclista e continuato per la sua strada. Dopo un po' non ci si fa più caso. Qui i passi vanno scollegati dalle menti. Comunque. Il mio ormai terzo ( o forse quarto?) sabato francese. Oggi passato in un'Università insolitamente deserta. Che strana. Nessun ruminare nei corridoi, nessuno scontro frontale con branchi di studenti in ritardo. Solo silenzio, appunti, caffè. E freddo. La stagione invernale ha deciso di arrivare proprio oggi a cavallo del maestrale. Alberi che si piegano, frange che si spettinano, cuffie che si infilano e giacche che si abbottonano. E nasi che si congelano. Saluto l'inverno. E lo saluto nella tranquillità più totale. Con la mente libera e fresca. Con una tazza di te caldo e un pain au chocolat, le calze di lana, la felpa grigia e la luce spenta. Che ci sarà pure freddo, ma il sole splende e si espande. Un rilassantissimo riflesso viola-blu sul muro.

venerdì 3 ottobre 2008

pavimento

Eravamo rimasti ai piedi scalzi in università. La Fac de Lettre sembra un po' una Springfield, coi suoi personaggi caratteristici, che vedi e rivedi in giro. Non si sa perchè, ma con tutte le migliaia di persone che girovagano per i corridoi, si incontrano sempre le stessa facce. O gli stessi piedi. Ecco. Sarà anche perchè uno che gira senza scarpe lo noti, per Dio! In biblioteca, anche; e nei corridoi, ancora. Fatto sta che questi stranieri hanno forse il feticcio dei piedi. Infatti, assorta tra le parole alchemiche di quel geniaccio di Baudelaire, mi accorgo che la ragazza davanti non è che fosse proprio in atteggiamento accademico. Diciamo. Arriva tardi, si siede, si asciuga il sudore con una salviettina, si pettina i capelli, si toglie le scarpe, allunga le gambe e si sdraia. Ancora una volta, nessuno si è sconvolto. Nemmeno il professore. Neanche quando, mangiando una merendina, ha tirato fuori il libro che stiamo studiando, ma in versione anglofona. Quindi anzichè Les Fleurs du Mal, lei sta leggendo The Flowers of Evil. Bah.
Stamattina però si è sfiorata la tragedia in rue venel. La lavatrice ha vomitato acqua ininterottamente da stanotte fino all'ora di pranzo quindi noi a tamponare e raccogliere bicchierate di miscela grigio-blu. Un delirio di telefonate plurilinguistiche: da Monsieur Piediscalzi (si, si chiama così veramente. siamo tormentate dal feticcio dei piedi), che abitava prima nell'appartamento; a Madame Helène, la proprietaria francese che però vive in Spagna e chi riesce a contattarla è bravo; a fidanzati vari ed eventuali che come consiglio pratico da uomo di polso, hanno semplicemente detto di chiamare un idraulico; allora le mamme, che con il curriculum di casalinghe part time sanno affrontare degnamente il mostro con l'oblò, e i papà, re incontrastati di rubinetti e cacciaviti sanno perfettamente come gestire e vincere una situazione di emergenza idraulica. Niente è servito. Già ci vedevamo nuotare tra panni sporchi e delfini. Guanti di lattice, pantaloni tirati su, ciabatte infradito a pattinare su una montagna di stracci, moci, giornali, bicchieri, secchi e bacinelle. Ma qualcuno sembra essersi impietosito. Per cui, dopo averci prese per il culo per ore, la lavatrice ha deciso di graziarci e di smetterla di sputare liquidi. Finalmente.
Adesso c'è il sole, un po' di vento e nessuna lezione in previsione. Aix non pisola ma borbotta e parlotta continuamente. E noi giochiamo a Jean Luis David, mentre una bolla di musica jazz si gonfia e dalla strada sale fino qui.

giovedì 2 ottobre 2008

ciondoli e ninnoli

Il meraviglioso ciclo blu ha i freni difettosi. O forse anziani. Luna ha una storia. C’era una volta una bicicletta grigia abbandonata. Un anno. Due anni.
C’era una volta una bicicletta blu vecchissima con cui avevo fatto tante cose. Tipo gite solitarie nella mia città. Giornate autunnali bagnate di arancione e incastonate di ricci e castagne sul vialone. Giornate invernali intrinse di umidità, spennellate di grigio urbano profumato di guanti e lana. Giornate estive abbronzate di verde e sudore. Giornate primaverili annusate di fiori, gonfie di luce. Un giorno piovigginoso la bicicletta blu è sparita nel nulla.
Dopo qualche anno, la bicicletta grigia è apparsa come una cometa. Anima stanca e sola si è addormentata sul mio cancello. Un anno. Due anni. Io l’ho salvata, in un certo senso. Adottata, addormentata nel garage un altro anno. Scartavetrata, colorata, pitturata, rigata di blu e azzurro. Rovinata di sfumature d’oro. Luce. Quindi luna. Quindi mia, per forza.
Va bene, allora questa Luna recuperata dagli inferi e portata a nuova vita… in Provenza. Solo che Luna, forse, deve ancora abituarsi alla nuova mondanità: il furore aixoise la sconvolge un poco. O forse sconvolge me. O forse è uno sconvolgimento aleggiante che impedisce alle persone di camminare con un ordine logico a governare il cervelletto. Gente ovunque, che cammina, vaga, erra con gli occhi distanti dall’orizzonte. Les Aveugles baudleriani che guardano il cielo, chissà perché. Fatto sta che i provenzali di Aix en Provence non amano avere direzioni, ignari di pericoli vaganti e pedalanti. Tipo me. Ergo. Pedali con una mano al campanello (che poi io non suono mai) e l’altra sul freno, pronto a inchiodare per evitare il dramma. Ennesima strage del mercoledì pomeriggio: anziana con giacca rossa investita da giovane ciclista italiana incauta.
Mercoledì pomeriggio, ore 16: initiation à la langue espagnole. Una classe enorme, con banchi enormi. Io un piccolo Gulliver nel paese dei Giganti. Di fianco a me l’ennesimo Luca che ha spontaneamente deciso di martirizzarsi e accompagnarmi perché-da-sola-a-lezione-cosa-faccio. Dall’altra parte l’americano Daniel. 21 enne alto e stupido. Biondo e rincoglionito.
Questo è: Luca e io ci sediamo in fondo perché lui lì cosa c’entrava? Doveva copiare appunti, non stare attento, io nonostante la sordità imperante ho pensato che la prima fila non me la sentivo, quindi va bene l’ala oscura della terzultima fila di banchi. L’americano Daniel si siede. Dietro, le allemanne Steffy e Holga, il francofono Cédric e dietro ancora la non-ben-identificata sconosciuta e la tedesca innominata. Luca tenta invano di dialogare con Holga. Afona. Luca si alza, esce e mi lascia in balia di questi stranieri poco loquaci.
La professoressa, che ancor non ho capito se francese, o spagnola, o, decide di farci fare una simpatica pagliacciata di dialogo a più voci in lingua ispanica. La tedesca Holga non ha detto una parola, solo fatto su e giù, destra e sinistra con la cabeza; l’allemanna Steffy ha partecipato attivamente con qualche risata, la non-ben-identificata si è esibita in uno spagnolo francesizzante con tanto di apparecchio in bella vista, il garçon Cédric e lo statunitense Daniel come presentatori. Uau. Daniel, grande primo uomo, si scatena in dialoghi ispanici che hanno come intercalare permanente “Francesa, bellissima”. Palese imbarazzo. Continua. Fin tanto che io in preda a crampi viscerali prendo la borsa e me ne vado. Pausa lezione. “tu pars?” “oui, je pars”. L’allemanna muta decide di parlare: “perché te ne vai?” “j’ai un cours” “ a quest’ora? È impossibile. Come mai? Che corsi? “. Un orso impiccione con baffi e maglia a righe, muta per più di un’ora e mezza, ha deciso di iniziare a parlare nel momento più inopportuno. La fille italienne, evidentemente in difficoltà, senza rispondere, sorride, si mette gli occhiali, gira i tacchi e se ne va.
Pedala, pedala, rischio angina pectoris. Salvezza di plaçe de la Mairie. Il letto al terzo piano ha quattro cuscini e 3 coperte. Un pupazzo e una superchicca. Dei campanelli sul muro, baci scattati e matite colorate. E una piccola iena stanca e addormentata tra i cuscini bordeaux.