martedì 18 agosto 2009

un agosto dopo

Ho i capelli crespi e la treccia da una parte. Crescessero ‘sti maledetti, almeno potrei tagliarmi le doppie punte! Ho fatto fioretto: finchè non sono lunghi, a un parrucchiere non mi ci avvicino neanche. Poverini, sono rovinati. Il sole, il sale. Il mare. E pago pegno volentieri. Vuol dire che almeno ci sono stata sulla spiaggia, poi chissenefrega se ho le doppie punte! Eh…
Il ritorno è sempre drammatico. Nonostante la mia estate da pendolare. Credevo che tornando ieri, dopo ferragosto, avrei trovato la città rianimata. Io pensavo, nella mia candida ingenuità, che finito ferragosto, fosse praticamente finita anche l’estate. Come se non avessi mai vissuto. Se agosto mi fa schifo da sempre, ci sarà un perché.
Perché è così fottutamente lungo e, nel frattempo, fa paura perché lo sai che finito agosto, finisce anche la pacchia! Ricomincia la nebbia, i tram tram da cappotti, fino ad arrivare ai piumini, agli alberi di Natale, botti di capodanno e via. Sempre la solita solfa.
Mi fa incazzare agosto. Perché ti prende in giro, dai. Ti fa pensare di essere ancora in estate ma non è vero. Il sole tramonta sempre prima, ma nello stesso tempo fa un caldo che sembra di essere sul sole. Però non ci sono alternative perché la città dorme. Come un ghiro, dorme. E tu torni dalle vacanze e ti trovi in questo brodo di afa senza vie di fuga. Partirei, partirei… un anno fa la partenza ce l’avevo sul groppone. Avevo così tante cose da fare che nemmeno me n’ero accorta che era agosto. Ero troppo impegnata a violentarmi il cervello di isterismi da storie finite, da altre inesistenti, da ricordi stronzi e speranze nulle. Così pensare a quante magliette mettere in valigia e a che colore sarebbero state le tende della casetta di Aix mi sembrava un’ottima alternativa alla sofferenza emotiva.
Non ho versato una lacrima partendo. A dire la verità sono partita completamente ubriaca. Ovviamente non guidavo io. La sera prima di lasciare l’Italia ho preso la sbronza più grossa di sempre. Fatevele voi, poi, 6 ore in macchina a soffrire ogni buca nell’asfalto. Il mio primo giorno in Provenza l’ho passato nel letto. Catalessi totale. Mi sono svegliata poi la domenica verso mezzogiorno fresca come una rosa. È tutto dire.
Ed è passato un anno. Devo ancora smaltire i chili persi. E di certo non li smaltisco nelle focaccerie di Levanto a ingozzarmi di focaccia di recco con un fidanzato-stegosauro che a giorni alterni mi chiama affettuosamente tombolotto o pandorina.
La differenza principale dall’anno scorso è che non me ne sto più a frignare isterica in cerca del perché o il per come sia finita. Ora me ne sto –quasi- nella pace dei sensi, sempre con un enorme punto di domanda che mi dondola sul cranio. Me ne sto a immaginare partenze e viaggi. Me ne sto con dei maledetti occhi a cuori che mi sento hello spank nelle puntate più low profile della serie.
Dicevo che la mia estate sta essendo da pendolare. Una sola e unica meta: Levanto. Un po’ per scelta, un po’ per adattamento darwiniano. Ma comunque ieri quando tornavo a quanto pare definitivamente dalla mia estate, mi ha preso la solita sindorme da pianto ininterrotto. Tra Empire of the sun, lady gaga, mgmt e hit simili, mi sono fatta la cisa lacrimando come una forsennata. Io odio tornare dalla vacanze.
Oggi sono sul filo del nervosisimo, robe che spaccherei a craniate il monitor del computer. Sola in mezzo a questa bolla padana paralizzata.
Un anno fa avevo appena trovato un appartamento in rue venel a aix en provence, ero convinta che non mi sarei più fidanzata in vita mia e l’università era l’ultimo dei miei pensieri. Adesso, dopo aver passato l’anno più assurdo che potessi immaginare, è tutto scaravoltato.
Me ne sto in un appartamentino carino, che vorrebbe essere la copia venuta male di quello in Francia. Fatto sta che regna il caos ed è un works in progress continuo. Sentimentalmente parlando il mio radar ha trovato l’ennesimo attanagliato da incapacità emotiva; e la cosa che più mi stupisce è che nonostante i giuramenti passati, a momenti è un anno che stiamo insieme. Nonostante gli occhi a cuore, mi sto ancora chiedendo il perché.
L’università è il dente più dolente di tutta la bocca. Me ne sto con pile di libri totalmente inermi. Conto gli esami alla rovescia, ma anziché essere incoraggiata, ho l’effetto contrario, quindi una totale improduttività! Settembre è molto vicino e io ho molta paura.
Voglio tornare a Aix.
Riassumendo: sono messa malissimo.

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